Cina, dazi e il rinculo americano
L’accordo raggiunto fra la Cina e gli Usa segna una svolta in questa tragicommedia dei dazi. L’impressione è quella di un rinculo americano, accompagnato dalla crescita di tensioni e scontri interni

Cina, dazi e il rinculo americano
L’accordo raggiunto fra la Cina e gli Usa segna una svolta in questa tragicommedia dei dazi. L’impressione è quella di un rinculo americano, accompagnato dalla crescita di tensioni e scontri interni
Cina, dazi e il rinculo americano
L’accordo raggiunto fra la Cina e gli Usa segna una svolta in questa tragicommedia dei dazi. L’impressione è quella di un rinculo americano, accompagnato dalla crescita di tensioni e scontri interni
Negli accordi commerciali non basta leggere gli annunci, si devono studiare i particolari e, al momento, non sono disponibili neanche i testi. Con questa cautela, l’accordo raggiunto fra la Cina e gli Usa segna comunque una svolta in questa tragicommedia dei dazi. L’impressione è quella di un rinculo americano, accompagnato dalla crescita di tensioni e scontri interni.
La campagna dei dazi è iniziata sulla base di due presupposti. I deficit della bilancia commerciale statunitense erano da intendersi quale esportazione di ricchezza dagli Usa verso il resto del mondo. Le produzioni industriali portate nei luoghi dov’era inferiore il costo dei fattori produttivi dovevano essere velocemente rimpatriate. Per raggiungere questi due scopi i dazi sarebbero serviti a rendere più costoso quel che si produce fuori dagli Usa. La macchina militare americana avrebbe smesso di proteggere i parassiti, fra i quali noi europei. Che avrebbero dovuto imparare a pagare di più per la loro stessa sicurezza. Posti questi punti di partenza, è cominciata una giostra con dazi fissati a livelli tanto alti da essere assurdi. Ma, si diceva, è questa l’arte del negoziare. Evidentemente considerando le relazioni fra Stati una specie di suq globale.
I primi aggrediti furono il Messico e il Canada, con annesse minacce di conquista armata. Ma se l’intera faccenda aveva un senso era da intendersi come bisogno di riequilibrio dei rapporti con la Cina. La Cina, però, proprio perché grossa e proprio perché grande fabbrica del mondo, qualche carta poteva ben giocarla. E lo ha fatto, tanto che ieri è stato annunciato l’accordo. Dal che deriverebbe che Trump s’è accordato con il grande avversario, nel frattempo continuando a litigare con gli alleati. Originale, se non altro, come strategia negoziale.
Dunque la Cina ha mollato, venderà agli americani le sue terre rare. Ma le vendeva già prima e se ha cessato di farlo, per qualche settimana, era proprio per contestare i dazi che adesso, infatti, vengono tolti. L’esito del negoziato non va valutato rispetto a quel che era in essere il giorno prima, ma rispetto a quel che era reale prima che la sceneggiata dei dazi iniziasse. E qui le cose si fanno tristi, per gli americani.
Non hanno ottenuto un distacco dalla Russia. Non un aiuto con gli iraniani. Hanno consentito alla Cina di occupare sempre nuovi spazi nel mondo daziato, ad esempio in Africa. Non hanno interrotto alcuna dipendenza produttiva. Paradossalmente anche per quel che riguarda gli studenti. I cinesi, che non hanno nessuna intenzione d’integrarsi e tornano in massa nel loro Paese, potranno continuare a studiare in America. Mentre europei e mondo arabo, che a parte i criminali hanno voglia d’integrarsi, se ne dovranno andare. Ragguardevole.
I mercati finanziari hanno ragione di festeggiare. Gli Usa restano un gigante e il più vivace mercato dell’innovazione, una messa in pausa del dazismo non può che far bene a tutti. Ma la geopolitica non si quota in Borsa e i cinesi possono ben dire di essere rimasti zitti e fermi, sapendo che sarebbero stati gli americani a doversi muovere. Bessent, il segretario al tesoro Usa, lo aveva detto, ma anche qui c’è un dettaglio da considerare. Se in Cina qualcuno avesse usato il conflitto politico per guadagnare in Borsa si sarebbe conquistato la pena di morte. Negli Usa hanno invece fatto a gara. E no, non è un segno di solidità nella libertà.
Funzionale a tutto ciò è il clima da guerra civile. Sul tema degli immigrati Trump sa di avere un consenso popolare basato sui sicuri disagi dell’immigrazione. In nulla tenendo in considerazione il fatto che senza quella gli Usa non esistono. Sa che i democratici a difesa dell’immigrazione sono perdenti. Così spinge sugli scontri, provoca, soffia sul fuoco, mette nel conto che ci scappino delle vittime. Parla di ordine nel mentre fomenta il disordine, denuncia le aggressioni verbali nel mentre aggredisce. Serve a tenersi in equilibrio, diffondendo lo squilibrio.
Di Davide Giacalone
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