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country manager uber lorenzo pireddu

All’Italia serve concorrenza, parola del country manager Uber

Intervista a Lorenzo Pireddu, country manager Italia di Uber. Dal 2017 l’azienda ha preso una nuova direzione puntando l’attenzione sui mercati locali e la sicurezza. Sul ddl concorrenza parla chiaro: «Se i tassisti trovano un modo di collaborare con noi, trovo paradossale che a livello governativo non si trovi lo stesso tipo di allineamento e dialogo».

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All’Italia serve concorrenza, parola del country manager Uber

Intervista a Lorenzo Pireddu, country manager Italia di Uber. Dal 2017 l’azienda ha preso una nuova direzione puntando l’attenzione sui mercati locali e la sicurezza. Sul ddl concorrenza parla chiaro: «Se i tassisti trovano un modo di collaborare con noi, trovo paradossale che a livello governativo non si trovi lo stesso tipo di allineamento e dialogo».

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All’Italia serve concorrenza, parola del country manager Uber

Intervista a Lorenzo Pireddu, country manager Italia di Uber. Dal 2017 l’azienda ha preso una nuova direzione puntando l’attenzione sui mercati locali e la sicurezza. Sul ddl concorrenza parla chiaro: «Se i tassisti trovano un modo di collaborare con noi, trovo paradossale che a livello governativo non si trovi lo stesso tipo di allineamento e dialogo».

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Intervista a Lorenzo Pireddu, country manager Italia di Uber. Dal 2017 l’azienda ha preso una nuova direzione puntando l’attenzione sui mercati locali e la sicurezza. Sul ddl concorrenza parla chiaro: «Se i tassisti trovano un modo di collaborare con noi, trovo paradossale che a livello governativo non si trovi lo stesso tipo di allineamento e dialogo».

Nel giro di pochi anni la nostra vita quotidiana ha subìto modifiche profonde, grazie (qualcuno dirà “a causa”) ai colossi digitali e alla cosiddetta Gig Economy, quell’universo di lavori non più basati su una tradizionale e rigida struttura. La realtà è stata plasmata non poco nella Silicon Valley e fra i protagonisti di questa rivoluzione cominciamo a conoscere più da vicino la californiana Uber.

Brand universalmente noto e identificato con il concetto di nuova mobilità urbana, è stato a lungo sinonimo di forti contrasti con istituzioni, governi, amministrazioni locali e, più di chiunque altro, tassisti. Un dato di fatto che oggi nessuno in Uber si sognerebbe di contestare e che anzi viene richiamato per sottolineare il cambio di strategia a livello globale. «L’azienda ha deciso di prendere una nuova direzione a partire dal 2017 – ricorda il country manager Italia Lorenzo Pireddu – in concomitanza con il cambio di ceo global, Dara Khosrowshahi, che ha preso il posto del fondatore Travis Kalanick (ora fuori dall’azienda), impostando un riallineamento della società su valori differenti. Primo fra tutti lattenzione ai mercati locali e alla sicurezza. Non solo nello scontato rispetto delle leggi, ma in una comprensione più profonda della realtà del Paese. Abbiamo così deciso di puntare con decisione alla collaborazione con i taxi, oltre che a lavorare con gli Ncc».

Un rapporto storicamente difficile (eufemismo) quello con i tassisti e da questo punto di vista negli ultimi mesi abbiamo assistito a un cambio epocale: «È una grande novità aver esteso la collaborazione dagli Ncc ai taxi, concludendo lo storico accordo con IT Taxi (il consorzio di radiotaxi più grande dItalia)» spiega Pireddu. «Tutto questo è frutto di anni di dialogo che hanno permesso di capire come lavorare bene insieme. Un avvicinamento progressivo, che ha portato a partnership solo ieri impensabili: oggi anche i tassisti aderenti al consorzio possono accettare le chiamate Uber. Un rapporto win-win: tutti vincono, nessuno perde». Uber è perfettamente consapevole di avere costantemente i riflettori accesi sulle proprie attività, ma anche di restare una ‘sempliceazienda: «La mobilità è cambiata. Noi abbiamo messo un cappello a ciò che stava succedendo nel mondo: la tecnologia, lelettrico, la trasformazione delle città. L’Italia è un esempio emblematico: le riforme nel settore sono state tentate ancora prima che Uber arrivasse nel 2013. Non siamo noi a creare il bisogno di mobilità».

Al netto delle furibonde polemiche di questi giorni nella neo maggioranza su politica estera e giustizia, è proprio sulla concorrenza che si potrà fare (o non fare) la differenza e imprimere unaccelerazione al Paese. «Oggi ci proponiamo come interlocutore credibile» scandisce Lorenzo Pireddu. «Se i tassisti trovano un modo di collaborare con noi, trovo paradossale che a livello governativo non si trovi lo stesso tipo di allineamento e dialogo. L’esito della discussione legata al ddl Concorrenza credo si debba considerare un’occasione persa da tutto il settore per aggiornare la normativa e lavorare meglio al fine di offrire ai cittadini un servizio migliore. È evidente che il sistema oggi non sia in grado di gestire momenti di alta domanda. Lo hanno ammesso gli stessi radiotaxi. Questo non significa una liberalizzazione, che da parte nostra non è mai stata richiesta se non tantissimi anni fa ai tempi di Uber Pop (a proposito, dimenticatevi di Uber Pop, non ne sentirete parlare mai più)» sottolinea Pireddu, che così conclude: «La nostra non è ideologia, si tratta di garantire un servizio nel modo e nel momento giusti. Come è stato già fatto in tanti Paesi. Ci auguriamo di percorrere questa strada».

Di Fulvio Giuliani

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