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Di quanti immigrati abbiamo bisogno?

La risposta alla domanda l’ha fornita il ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida: 500.000. Il mondo del lavoro ne ha bisogno, ecco perché
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Di quanti immigrati abbiamo bisogno?

La risposta alla domanda l’ha fornita il ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida: 500.000. Il mondo del lavoro ne ha bisogno, ecco perché
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Di quanti immigrati abbiamo bisogno?

La risposta alla domanda l’ha fornita il ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida: 500.000. Il mondo del lavoro ne ha bisogno, ecco perché
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La risposta alla domanda l’ha fornita il ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida: 500.000. Il mondo del lavoro ne ha bisogno, ecco perché
Di quanti immigrati abbiamo bisogno? Di quante decine di migliaia stiamo parlando, per permettere all’agricoltura di lavorare i campi, al turismo di gestire una domanda (grazie al cielo) sempre crescente, in definitiva al Paese di tener botta a un calo demografico che presto porterà sotto il livello di guardia il numero di lavoratori a fronte dei pensionati? La nuova soglia psicologica è stata posta dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, uno degli uomini più vicini alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni: 500.000. Quel mezzo milione, che ha fatto tremare i polsi a fette non trascurabili della maggioranza e anche dell’elettorato di riferimento, poteva sembrare una cifra quasi buttata lì, frutto di un arrotondare per eccesso a uso di giornalisti e telecamere. In realtà, il numero è tutt’altro che campato per aria e risponde semplicemente alle esigenze di un mondo del lavoro cambiato per sempre. Fra i già citati settori dell’agricoltura e del turismo e una miriade di altri servizi quotidiani, è semplicemente ridicolo pensare che si possa tornare indietro e trovare schiere di italiani pronti a occupare determinate mansioni. Non c’è nulla di scandaloso o magari razzista in tutto questo, basta dare un’occhiata all’evoluzione in tal senso dei Paesi più vicini culturalmente al nostro: certi lavori, dagli Stati Uniti alla Gran Bretagna, dalla Francia alla Germania e alla Spagna, sono ormai un appannaggio quasi esclusivo degli immigrati. Un fenomeno che è riduttivo spiegare solo con la pigrizia o chissà cos’altro dei lavoratori autoctoni, perché da che mondo è mondo determinati lavori e mansioni costituiscono la porta d’ingresso alle società dei Paesi di immigrazione. Nulla di cui scandalizzarsi, un fenomeno da conoscere, gestire e saper sfruttare a vantaggio di tutti. Di sicuro la cifra indicata dal ministro dell’Interno Piantedosi per il “decreto flussi“ 2023 di 82.000 immigrati appare ridicolmente bassa. La tragedia di Cutro, intanto, ha lasciato un segno profondissimo in chiunque abbia ancora un cuore e un cervello, la speranza è che contribuisca una buona volta ad abbassare la voglia di polemiche e caciara e riporti il dibattito sui binari della razionalità e della convenienza comune. Oltre che della civiltà. Abbiamo bisogno di immigrati, avremo sempre più bisogno di immigrati: è un fatto incontrovertibile, da accompagnare al più severo contrasto dei mercanti di carne umana. Che sia un governo di centrodestra a dover gestire tutto ciò è solo apparentemente uno scherzo del destino, dopo anni di propaganda di segno quantomeno diverso. In fin dei conti, è solo un bagno di realtà e convenienza e se la smetteremo una volta per tutte di doverci confrontare con gli astrusi concetti dell’“invasione“ e della “sostituzione etnica“ ci saremo solo fatti solo un gran piacere.   di Fulvio Giuliani

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