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Dichiarazione redditi, il commercialista Dominici: “Serve un atto di coraggio”

Aumentano le linee guida e il lavoro si complica per commercialisti, diventando impossibile per il privato. Ma l’obiettivo non era la semplificazione?
La semplificazione in materia fiscale è una promessa mantenuta per metà. Compilare la dichiarazione dei redditi sta diventando un lavoro per soli nerd che obbliga ad affidarsi a un professionista. Solo che anche la categoria dei commercialisti (che dovrebbe gioire di  notizie del genere) si mostra ora sfinita davanti a chilometri di linee guida che cambiano di continuo e che anziché semplificare vanno verso la direzione opposta.  “Il problema reale è che il nostro legislatore tributario ha lavorato negli ultimi 20-30 anni sempre in logica incrementale e mai cancellando il pregresso – spiega Christian Dominici, commercialista e consulente di note banche italiane – Quando si fa una norma e si dice che vale A, B e C e in un secondo momento si aggiungono anche D e Y, ci sono inevitabilmente delle incongruenze. Alla fine la complicazione genera errori, perdite di tempo anche per noi professionisti. Basti pensare che le istruzioni al modello per le persone fisiche sono contenute in tre fascicoli da oltre 100 pagine l’uno. Quindi una cosa assolutamente aberrante”. Eppure oggi che molte delle informazioni sono già in possesso dell’Agenzia delle entrate tutto dovrebbe essere più semplice. L’Agenzia delle entrate, infatti,  tramite i sistemi informatici, acquisisce già una grandissima mole di documenti che poi rende disponibile on line in una bozza di dichiarazione sulla quale poi il privato fa solo le sue eventuali integrazioni. E’ la cosiddetta dichiarazione precompilata. Invece è un labirinto di casistiche e sottoinsiemi a cui l’Agenzia delle entrate deve spesso mettere una pezza con circolari ad hoc.  “Inoltre esiste anche una legge che è sempre stata dimenticata in Italia che è la legge 212 del 2000, risalente quindi a 23 anni fa, che nello Statuto dei diritti del contribuente riporta ‘di come l’Agenzia di Entrate non possa richiedere al contribuente informazioni di cui sia già in possesso’. Questo vuol dire che, oggi con la telematica, le informazioni sono già nel possesso di tutti e soprattutto dell’Agenzia delle entrate, che scarica i nostri scontrini in farmacia, i nostri bancomat, le nostre carte di credito e via dicendo. Non ha più senso richiedere tutta quella mole informativa ai clienti”. Gli italiani, in ogni caso, restano ancora molto affezionati al cartaceo e sebbene tutto sia tracciato, anche i commercialisti convengono che sia sempre buona norma conservare i documenti in un fascicolo da custodire fino a 5 anni, tempo massimo in cui l’Agenzia delle Entrate può avanzare delle contestazioni prima che decada il termine di accertamento. “Nel caso di una discrasia fra quanto risulta nei sistemi delle entrate e quanto abbiamo effettivamente speso – continua l’esperto – possiamo dimostrare l’errore.  I cinque anni si contano fino al 31/12 dell’anno fiscale naturalmente”. Cosa si può fare concretamente perché la semplificazione in campo fiscale diventi reale e non resti un semplice motto di cui si parla e basta?  Per semplificare veramente il sistema bisogna avere il coraggio di ripulire il passato una volta per tutte: nuove norme che magari per i primi due anni faranno incassare meno lo Stato, ma che poi porterebbero indubbi vantaggi. Invece continuiamo a lavorare per logica incrementale, ad aggiungere commi alle nostre leggi anziché dire che le leggi ABCD sono abrogate. Serve una prova di coraggio”.  Come dire: bisogna aver coraggio di fare una strada tutta nuova invece che rattoppare le buche della strada vecchia perché, presto o tardi, la falla si riaprirà e qualcuno purtroppo ci inciamperà.

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