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Dolce

A Sud di Dolce

Cosa avrebbe detto di così scandaloso Domenico Dolce, rivolto ai ragazzi siciliani, in un video ormai diventato ‘’virale’?
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A Sud di Dolce

Cosa avrebbe detto di così scandaloso Domenico Dolce, rivolto ai ragazzi siciliani, in un video ormai diventato ‘’virale’?
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Cosa avrebbe detto di così scandaloso Domenico Dolce, rivolto ai ragazzi siciliani, in un video ormai diventato ‘’virale’?
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Cosa avrebbe detto di così scandaloso Domenico Dolce, rivolto ai ragazzi siciliani, in un video ormai diventato ‘’virale’?
La verità brucia e ogni tanto fa anche male. È il caso – opinione strettamente personale – delle parole di Domenico Dolce, rivolte ai ragazzi siciliani in un video ormai diventato ‘’virale’. Cosa avrebbe detto di così scandaloso il celeberrimo stilista, da tirarsi addosso reprimende di ogni tipo (e anche un bel po’ di complimenti, questo non va dimenticato)? Concetti persino banali e ampiamente condivisibili, come l’invito a staccarsi dagli schermi degli smartphone, seguire le proprie passioni, darsi da fare. Se necessario, spostare da casa il proprio intero corpo – a cominciare dal sedere – e andarsi a cercare un proprio futuro. Costruendolo pezzo dopo pezzo, giorno dopo giorno. Anche a molti chilometri da mammà e dalla regione natia. Un invito a forti tinte autobiografiche, ricordando quell’emigrato partito con la classicissima valigia di cartone e destinato a fare fortuna in modo inimmaginabile. Un invito che andrebbe ascoltato con profondo rispetto, invece di fare subito quelli offesi o rispedire l’input al mittente, replicando di cominciare a spendere un po’ dei suoi soldi in una terra priva di opportunità come la Sicilia. Ne abbiamo scritto solo ieri, a firma di Nicola Sellitti, dal quale mi separano (anche se solo in parte) le conclusioni. Perché non oserei mai mettere in dubbio le differenti condizioni di partenza di un ragazzo nato e cresciuto in Lombardia o Emilia-Romagna e un suo coetaneo campano e siciliano. Domenico Dolce, però, non fa il politico, fa l’imprenditore. È uno straordinario stilista, che ha saputo permettere a un talento fuor dal comune di crescere, andando a cercarsi le migliori condizioni. È un uomo venuto su in una condizione senza dubbio più svantaggiata di quella dei ragazzi di oggi, comunque favoriti da un mondo “rimpicciolito“ dal digitale. Se non consentiamo a un professionista di straordinario successo di ricordare la differenza fra intraprendenza e ignavia, attesa e azione, passione e abulia a chi lo potremmo mai permettere? Da uomo del Sud, sono arcistufo di questa reazione automatica per la quale – se a parlare è una qualsiasi voce “settentrionale“ – si deve per forza scorgere un retrogusto razzista. Se a farlo è un “terrone“, poi, scatta l’accusa di ingratitudine e presunzione. “Tira fuori i quattrini, invece delle parole”, gli dicono e qui si arriva all’ultimo concetto corrosivo del prezioso intervento di Domenico Dolce: lo Stato e chiunque altro a scalare non deve darti dei soldi (Reddito di cittadinanza, vi dice qualcosa?!), deve metterti nelle condizioni di farli. Preferibilmente come conseguenza della tua realizzazione personale e professionale. Sappiamo perfettamente che scriverlo risulterà strano, ma a sembrare stranissimo dovrebbe essere dare soldi in cambio di nulla: creare un assistenzialismo peloso e devastante che è fra le cause del costante impoverimento materiale e morale di interi pezzi del nostro Paese. di Fulvio Giuliani

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