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Euro e dollaro sono pari, ma le economie no

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Se il dollaro si rafforza, mentre l’euro perde terreno, non è solo per la guerra, ma per le debolezze strutturali del nostro mercato insieme all’esposizione alla crisi energetica.
euro dollaro

Euro e dollaro sono pari, ma le economie no

Se il dollaro si rafforza, mentre l’euro perde terreno, non è solo per la guerra, ma per le debolezze strutturali del nostro mercato insieme all’esposizione alla crisi energetica.
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Euro e dollaro sono pari, ma le economie no

Se il dollaro si rafforza, mentre l’euro perde terreno, non è solo per la guerra, ma per le debolezze strutturali del nostro mercato insieme all’esposizione alla crisi energetica.
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Alle 10:38 di ieri euro e dollaro erano sulla parità perfetta: un biglietto verde valeva 1,00 €. Oltre alla curiosità statistica dell’assoluta equiparazione fra le due valute di riferimento dell’economia occidentale e non solo, la parità chiude una lunga stagione di forza dell’euro, oggettivamente accelerata dalla guerra russa in Ucraina e dalle sue molteplici conseguenze. In molti hanno voluto vedere nel ritorno alla parità la prova della debolezza europea, dell’inefficacia delle sanzioni e degli effetti controproducenti sulle economie del Vecchio Continente. Sottinteso, mentre la Russia se la godrebbe per il rialzo dei prezzi delle materie prime.

Una lettura di comodo, tesa a sostenere surrettiziamente la vulgata della guerra troppo costosa per noi occidentali e quindi – vero obiettivo di certa propaganda – a spingere per un ammorbidimento della posizione dell’Ue nei confronti di Vladimir Putin. Se non si vuole dar spazio a simili atteggiamenti, favoriti dalla ‘stanchezza’ dell’opinione pubblica per la guerra e dal lavorìo costante di correnti che aspettano solo il momento propizio per tornare a fare il proprio compito in favore di Mosca, conviene guardare in faccia la realtà.

La moneta unica europea sconta oggettivamente la corsa dei prezzi delle materie prime, oltretutto normalmente trattati in dollari. Ancora, gli effetti dell’inflazione e i timori di un rallentamento dell’economia se non di una recessione. Tutte realtà comuni agli Usa, che però vedono il dollaro rinforzarsi. Perché? Piuttosto che richiamare semplicisticamente i costi della guerra (manco fosse stata una scelta europea e non dello zar), converrebbe ricordare che leconomia americana continua a tirare più della nostra. Che il tasso di disoccupazione dall’altra parte dell’oceano è prossimo ai limiti fisiologici e che la stessa inflazione molto più elevata è figlia anche di consumi che tirano di più. Tanto è vero che la Federal Reserve ha varato una politica monetaria molto più severa e restrittiva di quella della Bce, proprio per evitare il gorgo dell’inflazione. Fermo restando che è fondamentale avere una valuta stabile di riferimento, prima ancora che ‘forte’, motivi ce ne sono tanti e richiamano debolezze strutturali del nostro mercato, oltre che lesposizione alla crisi energetica.

Ragioni ben più solide dei subdoli richiami alla necessità di tenersi amica la Russia di Putin.

di Fulvio Giuliani

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