Familiari
Guardiamo alla leva demografica negativa con preoccupato scetticismo e ci si accorge che non è un appuntamento del domani ma dell’oggi
Familiari
Guardiamo alla leva demografica negativa con preoccupato scetticismo e ci si accorge che non è un appuntamento del domani ma dell’oggi
Familiari
Guardiamo alla leva demografica negativa con preoccupato scetticismo e ci si accorge che non è un appuntamento del domani ma dell’oggi
Guardiamo alla leva demografica negativa con preoccupato scetticismo e ci si accorge che non è un appuntamento del domani ma dell’oggi
Facciamo spallucce a un problema che è già entrato dentro casa e che è destinato a ingigantirsi. Facciamo spallucce come se fosse sempre un problema di altri, come se allarmarsi sia esagerato e come se ci fosse sempre tempo per porsi la questione. Guardiamo alla leva demografica negativa con preoccupato scetticismo: preoccupati perché è facile capirne le conseguenze, ma scettici perché magari gli effetti si vedranno poi e peseranno sui più giovani. Invece si vedono già e pesano assai anche sugli anziani.
Perché nel tran tran quotidiano ci si può anche disinteressare dei lavoratori che mancano al sistema produttivo – tanto le merci da consumare e utilizzare non mancano – ma quando si batte la testa sulla mancanza di persone che possano aiutarci a far fronte ai problemi familiari, all’assistenza verso chi ne ha bisogno, per i bambini che sono sempre di meno e per gli anziani che sono sempre di più, allora ci si accorge che non è un appuntamento del domani ma dell’oggi. Con uno ieri colpevolmente distratto.
In Italia ci sono 830mila persone che prestano servizi alle famiglie: dalle pulizie all’assistenza personale, fra baby sitter e badanti. Già oggi ne mancano 600mila, ovvero c’è un gran numero di famiglie che non riescono a trovare l’aiuto che cercano. Oggi sono 356mila gli anziani ospitati presso case o istituti d’assistenza, pubblici o accreditati. Ma l’Istat calcola che gli anziani non autosufficienti sono 3,8 milioni. Saranno 4,4 milioni nel 2030 (che arriva fra meno di 6 anni).
A questo si aggiunga che la strutturazione delle famiglie non è quella dell’Italia che fu rurale, con grandi casolari dove convivevano più nuclei della medesima famiglia, sicché la gestione dei bambini e l’aiuto agli anziani erano parte stessa di quella vita collettiva, senza che nessuno neanche pensasse a cercare aiuti esterni. Oggi i figli sono di meno e costruiscono la loro vita familiare dove li ha portati il lavoro o altri interessi. Cresce il numero delle persone che vivono da sole, ma il loro non avere bisogno di aiuti non significa non abbiano familiari cui, invece, questi occorrono e per un single assistere un congiunto non è più facile perché più libero, ma più difficile perché senza altri con cui avvicendarsi o da cui farsi sostituire. Il ricovero in apposite strutture è spesso vissuto male, sia da chi lascia sia da chi è lasciato e, in ogni caso, i posti disponibili non sono neanche da lontano quelli necessari.
In queste condizioni ci si affida per lo più al passaparola: conosci qualcuno che possa aiutarmi con mia madre? Mi serve una persona fidata cui lasciare la casa, hai qualche recapito? In molti non trovano risposte, i più che la trovano sono soddisfatti (tipico atteggiamento: basta con gli immigrati, ma la badante di mio padre è proprio una brava persona), troppi ne ricavano danni, se non reati subiti. Andare avanti così, con bisogni che saranno crescenti, è da incoscienti.
Quel che si può e si deve fare è adeguare non solo il numero degli immigrati alle reali necessità (inutile girarci attorno, questo sarà un loro mercato e lo sta diventando anche quello degli infermieri). E se non se ne trovano di già formati per queste mansioni (facile) si deve formarli, partendo dalla lingua e arrivando alle nozioni elementari di igiene e assistenza. Non solo è costantemente crescente la domanda di quell’assistenza, ma cresce anche il valore economico di quel mercato, quindi meglio ancora se gli interlocutori non saranno solo o prevalentemente singoli conosciuti con il passaparola, ma organizzazioni che assicurino qualità e continuità – un assistente familiare ha diritto alle ferie, ma la famiglia o il singolo non possono restare senza aiuto – al tempo stesso sollevando la famiglia dalle incombenze amministrative, già complicate e rese ancora più delicate dal rapporto personale che si crea.
Qualcosa esiste, molto dev’essere organizzato e lo Stato si occupi delle regole e del controllo, visto che la gestione diretta è la cosa che gli riesce meno.
di Davide Giacalone
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