app-menu Social mobile

Skip to main content
Scarica e leggi gratis su app

Fertilizzare le aziende e puntare alla crescita

Le imprese italiane sono una grande area di vitalità ma anche pregne di elementi di resistenza ai cambiamenti. Come fertilizzarle?
|

Fertilizzare le aziende e puntare alla crescita

Le imprese italiane sono una grande area di vitalità ma anche pregne di elementi di resistenza ai cambiamenti. Come fertilizzarle?
|

Fertilizzare le aziende e puntare alla crescita

Le imprese italiane sono una grande area di vitalità ma anche pregne di elementi di resistenza ai cambiamenti. Come fertilizzarle?
|
|
Le imprese italiane sono una grande area di vitalità ma anche pregne di elementi di resistenza ai cambiamenti. Come fertilizzarle?
Le imprese sono vulnerabili: una su dieci, ha accertato la Commissione europea, è a rischio. Eppure il Prodotto interno lordo è cresciuto bene per tre anni e cresce (meno) ancora. 111mila negozi hanno chiuso, dal 2012. Eppure l’occupazione, nel settore, non è diminuita e i consumi sono aumentati, come anche le vendite al dettaglio. Gli agricoltori non ce la fanno più, saranno costretti a chiudere, le regole sono punitive… Eppure le esportazioni e il fatturato sono cresciuti, come anche l’industria alimentare italiana. Sono tutte geremiadi infondate o la distanza fra il lamentio e i risultati ha un significato? Le imprese italiane sono una grande area di vitalità, talora a dispetto del mondo che le circonda. Ma vi sono anche elementi di resistenza ai cambiamenti, talora a dispetto della loro stessa convenienza. Avere un grande vivaio di piccole e medie aziende (su scala globale sono micro e piccole) ci consente di sopperire agli scarsi investimenti in ricerca e innovazione, perché moltissime di quelle aziende sono esse stesse frutto di ricerca fatta e innovazione applicata. Ma chi prova e non riesce è bene che chiuda e chi invece riesce è bene che cresca. Per crescere ha bisogno di fertilizzanti esterni: dalla formazione scolastica dei collaboratori all’utilizzo di management adeguato e abituato alla competizione. Mentre molto spesso si pensa che “piccolo è bello” sia una specie di teoria economica, laddove troppo spesso diventa “piccolo resta mio”. Ma non cresce. Fra i fertilizzanti servono anche una legislazione del lavoro che consenta elasticità (quindi maggiore facilità ad assumere senza contrarre debiti a vita) e un diritto fallimentare che non confonda il provarci con l’averci provato (quindi riforme che hanno a che vedere con il sistema Paese, non con il settore contabilità aziendale). Una volta non esistevano i supermercati ed erano più numerosi i negozi di prossimità e gli ambulanti veramente itineranti (non come quelli dei finti ambulanti esercizi commerciali, piantati da anni nello stesso posto). È stato un passo in avanti, la grande distribuzione organizzata. Un’occasione di maggiore convenienza per i produttori e per i consumatori. Lo stesso vale per le piattaforme digitali del commercio, il cui successo è portato dalla facilità, dalla convenienza e dalla preferenza, non dal trucco. Molti negozi hanno chiuso, ma altri sono cresciuti e hanno assunto. La maggiore efficienza del commercio rende visibili aziende anche piccole, altrimenti incapaci di segnare una loro presenza nel mercato (si pensi ai vini o ai sughi). E la vendita online ha fatto aumentare il numero degli alberghi (e relativa occupazione), con il solo dolore di non avere piattaforme italiane utili alla bisogna e profittevoli. Nel governo che ha cancellato l’esenzione Irpef per gli agricoltori c’è chi dice: «Qualcuno ha sbagliato». Non credo, era giusto cancellarla, ma – ove mai – hanno sbagliato tutti, visto che tutti hanno prima approvato e poi votato la legge di bilancio. Comprensibilmente irritato, il ministro dell’Agricoltura è sbottato: «Esentare imprenditori ricchissimi non è equo». Giusto, ma c’è la rivelazione: esistono agricoltori ricchissimi. Si tratta di imprese di grandi dimensioni, con economie di scala e gestione manageriale. Anziché fare l’elogio dell’inesistente zappatore, sarebbe saggio facilitare l’imprenditore. Anziché la solita gnagnera insulsa contro le multinazionali, sarebbe il caso di averne di italiane. Questo è il punto: si lavora per guadagnare e si intraprende per crescere. A chi va male si faciliti il riprovarci, ma è da stolti sperare di conservare gli errori e tutelare gli inutilmente erranti. Invece la politica dei bonus e degli ‘aiutini’ ha selezionato i vangatori di sussidi, le saracinesche senza clienti, le imprese senza sufficiente fatturato. Con i consumatori e pagatori di tasse che non avvertono il dolore di pagare il tutto sol perché quel costo viene nascosto sotto il tappeto del debito. Solo che ora vola e si vede il sudicio. di Davide Giacalone

La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!

Leggi anche

Legge di Bilancio, cosa potrebbe cambiare

20 Dicembre 2024
Oggi alla Camera si vota la fiducia, se passa sarà poi approvata al Senato dopo Natale. Ecco le …

Da Zanussi a Wallenberg, marchi storici dalla provincia alle multinazionali

16 Dicembre 2024
Chi c’era, quel 14 dicembre 1984, la ricorda come una giornata gelida, grigia. Ma la firma su qu…

Ruffini: “Lascio l’Agenzia delle Entrate”

13 Dicembre 2024
Ernesto Maria Ruffini, il direttore dell’Agenzia delle Entrate, lascia il suo incarico. E spiega…

La Bce taglia i tassi al 3 %. Ridotte le stime di crescita. Lagarde: “Decisione presa all’unanimità”

12 Dicembre 2024
La Banca centrale europea (Bce), per la quarta volta da quando ha iniziato a tagliare i tassi lo…

Iscriviti alla newsletter de
La Ragione

Il meglio della settimana, scelto dalla redazione: articoli, video e podcast per rimanere sempre informato.

    LEGGI GRATIS La Ragione

    GUARDA i nostri video

    ASCOLTA i nostri podcast

    REGISTRATI / ACCEDI