Con le dimissioni dei pattisti, ovvero dei consiglieri facenti capo al gruppo Caltagirone e a quello Del Vecchio, dal Consiglio di amministrazione di Generali, cambiano la natura e le modalità dello scontro in atto.
Prima i pattisti hanno provato a superare Mediobanca in voti assembleari, semplicemente basandosi sulle azioni fin lì acquistate dai due gruppi. L’obiettivo era quello di prendere la guida del Consiglio nella formulazione della lista dei candidati alla prossima gestione, con la rimozione – successiva all’Assemblea di aprile – dell’attuale amministratore delegato (che fa capo alla guida di Mediobanca).
Il tentativo non è riuscito. Mediobanca ha preso in prestito il diritto di voto di un pacchetto di azioni che, sommato al proprio, le assicurano la prevalenza.
Con l’uscita dal Consiglio i pattisti sono ora in grado di acquistare nuove azioni. Essendo però anche azionisti di Mediobanca, ora si vedrà se – crescendo e arrivando alle soglie in cui si è obbligati a lanciare un’offerta pubblica di acquisto – preferiranno dirigere la loro attenzione e i loro acquisti sulla controllante Mediobanca o sulla controllata Generali.
In questo passaggio diventa cruciale l’opera delle autorità di vigilanza: la Banca centrale europea sul lato bancario e la Consob sul lato del mercato azionario. Il che fa tornare alla mente il caso di Tim e della letargia che su quello ha colto la Consob, la cui inazione è imbarazzante e dannosa per la credibilità e trasparenza del nostro mercato borsistico.
La Redazione
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