Gianmario Verona: “Con Draghi Italia al livello della Germania”
Gianmario Verona: “Con Draghi Italia al livello della Germania”
Gianmario Verona: “Con Draghi Italia al livello della Germania”
“Ho nitido il ricordo del weekend del 20 febbraio 2020: le università lombarde furono le prime a dover chiudere. Ci trovavamo nella settimana del Carnevale e la pandemia era esplosa la settimana prima, ma ancora non si diceva. Siamo stati quelli che hanno dato il segnale, coordinandoci con la Regione Lombardia e con il Comune di Milano, affrontando il tema della chiusura e dell’interrogativo di quando e come avremmo riaperto. Eravamo al centro dell’universo e non avevamo gli strumenti. Le università milanesi non erano mai state chiuse, se non durante la Seconda Guerra Mondiale. Un’esperienza davvero incredibile, in cui ho imparato molto di più di quello che ho dato”. Il rettore dell’Università Bocconi, Gianmario Verona – agli ultimi giorni del suo mandato – ha ripercorso con La Ragione sei anni intensissimi e sin troppo ricchi di eventi difficili.
Naturale chiedere al rettore Verona come abbia trovato i ragazzi, alla fine della sconvolgente esperienza del lockdown: “Dopo la pandemia i ragazzi sono cambiati relativamente. In generale, non vedo una generazione diversa. Sono desiderosi di rientrare in aula, ma a lezione si si può vedere distratti come prima (sorride con affetto, ndr). Per conquistare la loro attenzione bisogna sempre fare del cinema, aggiornarsi nei codici di comunicazione, essere interattivi e stimolanti. Insomma, dei bravi professori. Tempo fa, per esempio, avevamo la policy “no laptop”, ora sarebbe impensabile. Gli appunti si prendono sul telefono e con la pandemia che ha fatto esondare il digitale sarebbe improponibile vietarne l’uso a lezione. Il tema è integrare digitale e device nella didattica in modo intelligente”.
Gianmario Verona si ferma un attimo e scandisce un pensiero non facile: “Sono una generazione molto digitale e questo si sa, ma quello che va considerato è che la loro vita ‘analogica’ è un “di cui”. rispetto a quella virtuale. Sono sensibili e abbastanza fragili, vivono una dicotomia che nessuno di noi aveva mai vissuto. Anche con i social, sono cambiate le prospettive e non solo nei rapporti di coppia. Prima o poi arriveremo a un punto di equilibrio, che per ora non abbiamo raggiunto“.
Colpisce quella frase, la vita “di cui” dell’esperienza digitale: nessuna giudizio morale, il Rettore non è in cattedra, semplicemente cerca di capire e invita tutti a farlo, nella ricerca quotidiana di una forma di dialogo con le giovani generazioni. “Il professor Keating de ‘L’Attimo Fuggente’ si alzava in piedi sui banchi – ricorda Verona – ora non lo potremmo più fare, perché poi magari ci filmano e diventiamo virali… Bisogna trovare delle alchimi”. “Sempre in tema di cinema, ci sono colleghi che vanno in aula alla John Nash di A Beautiful Mind mantenendo una grande distanza dagli studenti. Altri cercano un terreno comune. Io sicuramente sono di questa seconda scuola di pensiero, anche se il professore deve essere bravo a riportare l’attenzione su quei fondamentali che non cambieranno mai. Lo studio richiede sofferenza, tempo, costanza”.
Arriviamo, così, a concetto di enorme valore: “I ragazzi tendono ad essere lontani dall’idea dell’errore, della bocciatura e del fallimento, che invece proviamo a insegnare. Un tema molto legato alla cultura europea, soprattutto mediterranea, in cui l’errore è visto come il male. La visione assolutamente negativa del fallimento fa parte della nostra cultura. Nei ragazzi, poi, c’è da considerare il fascino del successo facile dell’influencer, del calciatore è così via.”
I sei anni alla guida della Bocconi consentono a Gianmario Verona di guardare all’Italia nel suo insieme: “Aver staccato la spina un anno prima al governo Draghi è stato un peccato mortale. Noi partivamo da una situazione drammatica, un Paese fanalino di coda dell’Europa, con una credibilità internazionale medio-bassa. In questi anni, ci siamo ritrovati con un Paese che nelle difficoltà ha dimostrato ancora una volta qualità straordinarie, con dei veri fuoriclasse. Incluso il Premier Mario Draghi e tanti altri personaggi che mai al mondo sarebbero andati al governo, penso a Vittorio Colao e Roberto Cingolani. Rispetto a sei anni fa, la credibilità del nostro Paese è aumentata incredibilmente. Se prima la Grecia era il nostro benchmark, ora siamo più o meno al livello di Francia e Germania”.
“Io sono dell’idea che la politica debba fare la politica – conclude – quindi credo sia giusto che il governo debba essere politico. La complessità del nostro mondo è tale, però, che se ci fosse un politico deciso a farsi supportare da un tecnico, probabilmente farebbe ancora meglio. Vedremo cosa succederà”.
di Fulvio GiulianiLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche