I conti pubblici e il rischio di un Def ferito
Il Documento di economia e finanza sarà presentato all’inizio di questa settimana (va fatto entro il 10 aprile), ma rischia d’essere un Def ferito già all’atto di nascita
I conti pubblici e il rischio di un Def ferito
Il Documento di economia e finanza sarà presentato all’inizio di questa settimana (va fatto entro il 10 aprile), ma rischia d’essere un Def ferito già all’atto di nascita
I conti pubblici e il rischio di un Def ferito
Il Documento di economia e finanza sarà presentato all’inizio di questa settimana (va fatto entro il 10 aprile), ma rischia d’essere un Def ferito già all’atto di nascita
Il Documento di economia e finanza sarà presentato all’inizio di questa settimana (va fatto entro il 10 aprile), ma rischia d’essere un Def ferito già all’atto di nascita
L’appuntamento con i conti pubblici non è mai un passaggio facile – considerata l’enormità del debito pubblico che stringe i margini di manovra – ma quest’anno ci si mette anche il calendario a complicare le cose. Il Documento di economia e finanza sarà presentato all’inizio della settimana prossima (va fatto entro il 10 aprile), ma rischia d’essere un Def ferito già all’atto di nascita.
La cosa riguarda tutti i Paesi europei, aggravandosi per quelli con i conti disallineati rispetto alle regole: ora si presenta il Def, poi si vota per le elezioni europee e subito dopo, a settembre, si presenta la legge di bilancio che, in via teorica, dovrebbe rispecchiare le indicazioni contenute in un Def di qualche settimana prima. Ma, essendoci di mezzo le elezioni, c’è il serio rischio di trovarsi prima con conti elettorali e poi con quelli reali. Gli elettori – futuri – dovrebbero tenere d’occhio la distanza fra i due conti, perché tanto sarà maggiore quanto minore la credibilità di chi li redige.
Non bastasse questo, la natura del Def è quella di spingere lo sguardo al futuro prossimo, con qualche ambizione verso quello remoto, mentre i conti italiani sono ancora da vedersi per quel che riguarda il passato prossimo e già minati da quello remoto. Per fare delle previsioni sulle possibilità di spesa occorre sapere quanto si è già speso e quanto si sa di dovere obbligatoriamente spendere, ma questo dato – in sé ovvio – è reso ballerino dagli effetti del dissennato bonus edilizio al 110%. Talmente danzante da far ballare anche la testa del ragioniere generale dello Stato. Ma quando sarà sostituito dal successore (auguri di buon lavoro) il massimo che si potrà sperare è di conoscere per tempo l’esatta dimensione della voragine, essendo escluso che sia nelle competenze di chi tiene i conti provare ad arginarla o addirittura colmarla.
E non solo c’è da deglutire quel mattone (che per definizione costa più di quanto vale): c’è anche da inseguire la spesa pensionistica che nel 2023 ha raggiunto i 214 miliardi, con le uscite in crescita del 6,3% e le entrate in crescita del 4,6%. La spesa è alta e cresce più velocemente degli incassi. Puoi anche cambiare il ragioniere, però servirebbe un esorcista capace di far uscire dal corpo della politica il demone del dare e promettere senza che nessuno si senta responsabile di un debito che toglie a tutti.
Il che ci riporta al Def: lo leggeremo la settimana prossima, sperando di non leggerci la replica di quel che s’è letto nella legge di bilancio di fine anno e che promette ‘aggiustamenti’ resi necessari dalla non rispondenza fra crescita prevista e deficit (quindi poi debito) connesso. Vedremo, inoltre, se ci leggeremo la conferma degli sgravi fiscali, sperando si voglia fornire una copertura meno ingenuamente giuliva dell’aumento del gettito innescato dallo sgravio. Però una cosa è chiara fin da adesso: quali che saranno le cifre indicate nei documenti ufficiali, quelle reali portano l’Italia incontro a una procedura europea d’infrazione. Inevitabile, in queste condizioni. E siccome il dato doloroso non è la procedura in sé ma i conti fuori dai margini di sicurezza, non ha molto senso aggiungere che anche altri Paesi saranno in quella condizione. Buco comune non fa mezzo gaudio, ma doppio costo.
Così si giunge all’ultimo aspetto del ragionamento: all’epoca della presentazione della legge di bilancio saremo in pieno trambusto per la nomina di commissari e Commissione europea, talché può esserci la tentazione di mettere i propri conti squilibrati sul tavolo dei negoziati. Della serie: noi votiamo, ma voi chiudete un occhio. Ma sarebbe figlio del solito fraintendimento, secondo cui il problema non è il cuore lesionato, ma il cardiologo che suggerisce di non fare il sollevamento pesi; il problema non sono la procedura o i richiami, ma i conti e un debito che ci costa più di quanto spendiamo in sanità e istruzione. Su questo sarebbe bello avere idee e proposte pur diverse, ma dotate di una qualche concretezza.
di Davide Giacalone
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Tag: Italia
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