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Il buco nero di Stellantis e John

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Stellantis sta sempre un po’ peggio degli altri: non ha modelli, non sembra avere idee, ha buttato via anni in mano a un management pessimo nel tracciare una strada

Stellantis

Il buco nero di Stellantis e John

Stellantis sta sempre un po’ peggio degli altri: non ha modelli, non sembra avere idee, ha buttato via anni in mano a un management pessimo nel tracciare una strada

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Il buco nero di Stellantis e John

Stellantis sta sempre un po’ peggio degli altri: non ha modelli, non sembra avere idee, ha buttato via anni in mano a un management pessimo nel tracciare una strada

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Stellantis sta sempre un po’ peggio degli altri: non ha modelli, non sembra avere idee, ha buttato via anni in mano a un management buono a distribuire dividendi e pessimo nel tracciare una strada.

In Italia, nei primi sei mesi di questo altro anno disgraziato, ha prodotto poco più di 125.000 automobili, il che significa chiudere il 2025 molto al di sotto della metà della soglia strategica del milione di auto prodotte sul territorio nazionale, come previsto dagli accordi con il governo.
Accordi al vento, oggi come oggi.

Quel poco che si fa, lo si fa grazie ancora alla 500 risalente all’era Marchionne, che sembra sempre più il canto del cigno. Al nuovo Ceo Antonio Filosa va tutta la nostra solidarietà.

A nessuno sfuggono le cause oggettive che hanno contribuito a gettare Stellantis nel panico, dalla confusa transizione all’elettrico in Europa ai dazi di Trump, sino all’aggressiva e sempre più avanzata concorrenza cinese. Di certo si ha la sensazione che si viva una confusione ben superiore alla media della concorrenza, con alcuni picchi negativi.

Se Ferrari, grazie a una gestione autonoma e alla forza di uno dei brand più riconoscibili al mondo continua a macinare risultati e utili, la Maserati è l’emblema del buco nero.
A Modena, sono state prodotte 45 auto. Avete letto bene: proprio 45. Ora si attende il “rilancio” e converrebbe dare un’occhiata a pochi chilometri di distanza, dove i tedeschi di Audi hanno fatto grandi cose con Lamborghini, nelle medesime condizioni di mercato in cui Maserati sembra condannata all’estinzione. Se non si sa cosa fare, tanto vale vendere.

Nel frattempo, è tutto un rassicurare e chiedere tempo, mentre i vertici (John Elkann) blandiscono l’amministrazione Trump pensando agli stabilimenti americani. Anche qui, siamo al massimo alla Juventus portata in triste gita nello Studio Ovale della Casa Bianca.

L’imbarazzante presente di Stellantis è solo il vertice negativo: siamo una potenza industriale e il nostro destino risiede anche nella grande manifattura. Il che non significa dimenticare le fantasiose e agguerrite Pmi, la galassia di fabbriche medie, piccole o addirittura piccolissime che costituiscono la linfa vitale di interi settori industriali tedeschi e non solo. Ne siamo sempre stati i cantori, ma non si può rinunciare alla grande manifattura dell’auto, all’acciaio, alla chimica, alla farmaceutica senza pagare uno scotto terribile in termini occupazionali, di innovazione e ricchezza.

La politica industriale è una cosa seria e la recente lettera-monito della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, del presidente francese Emmanuel Macron e del cancelliere tedesco Friedrich Merz alla Commissione europea perché si consenta all’industria europea di operare in un quadro chiaro e definito è un segnale importante delle tre più grandi economie dell’Ue.

I tre colossi industriali dei 27 sanno di non poter rinunciare alla vocazione manifatturiera, senza rinunciare alla loro storia.

di Fulvio Giuliani

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