Il malinconico tramonto della A nei cieli
| Economia
La notizia della liquidazione di 2.840 lavoratori dell’ormai defunta Alitalia, lascia un senso di malinconia per quella fiera ‘A’ che un tempo solcava i cieli

Il malinconico tramonto della A nei cieli
La notizia della liquidazione di 2.840 lavoratori dell’ormai defunta Alitalia, lascia un senso di malinconia per quella fiera ‘A’ che un tempo solcava i cieli
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Il malinconico tramonto della A nei cieli
La notizia della liquidazione di 2.840 lavoratori dell’ormai defunta Alitalia, lascia un senso di malinconia per quella fiera ‘A’ che un tempo solcava i cieli
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Alitalia esiste ancora. Sì, ci rendiamo conto che la cosa potrà far sollevare il sopracciglio a molti, ma quella che fu la nostra gloriosa compagnia di bandiera sopravvive (per un altro poco) come bad company e… solo per poter sparire definitivamente. Ormai in liquidazione, al tramonto di una storia che avrebbe meritato ben altro sviluppo, è di queste ore la notizia dell’invio dell’avviso di licenziamento per 2.840 lavoratori.
Si legge nel burocratico comunicato di Alitalia: “Rimangono attualmente alle dipendenze dell’Amministrazione Straordinaria 2.840 lavoratori, 2.668 dei quali sospesi in Cigs a zero ore e 172 impiegati allo stato per le esigenze connesse al completamento del programma (di gestione dell’ultima fase di liquidazione, ndr), la cui data di ultimazione, allo stato, è fissata al 15 gennaio 2024”.
Fine della storia, come ampiamente previsto, anche per tutti quei lavoratori che erano ormai parcheggiati da tempo in cassa di integrazione straordinaria, senza una possibilità che fosse una di un reintegro in una compagnia che non volerà mai più o in qualsiasi società che potesse in qualche modo nascere dalla costola di una realtà che un tempo ci rappresentava nel mondo.
Qui non c’entra nulla la complessa procedura di privatizzazione totale e definitiva di Ita. Quest’ultima resta una piccola erede, grosso modo estranea e di tutt’altra natura rispetto a quella compagnia che in un’altra epoca significava “Italia” nel ristretto club di chi solcava i cieli dei cinque continenti.
La faticosa, sconcertante e anche un po’ imbarazzante conclusione dell’eterna crisi della fu compagnia di bandiera è un vero e proprio compendio di ciò che l’Italia sa far male. L’Italia, non l’Alitalia, che è stato solo uno specchio di alcune delle peggiori pratiche industriali, tramutate in impulsi clientelari e procedure di voto di scambio di fatto (assumi, assumi, assumi che tanto paga Pantalone).
L’Alitalia aveva tutto per interpretare il futuro: standing, tradizione, capacità operative di assoluta leadership mondiale, personale straordinario. È completamente mancato, almeno da un dato momento in avanti, un management degno di questo nome. In grado di comprendere un mercato che mutava per sempre, la rivoluzione low cost e le praterie che si aprivano davanti a chi avesse voluto interpretare e cavalcare il cambiamento. Non cercare uno sterile e inconcepibile rifugio nei denari pubblici. Buttati dalla finestra.
La politica ha fatto il resto, disintegrando un’azienda, un brand e una coscienza. Resta la malinconia di un finale indegno della sua storia e di quella ‘A’ tricolore che vedere in giro per il mondo significava ‘casa’.
di Fulvio Giuliani
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