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Il mio nome è Bond

Green Bond, da ottobre saranno venduti titoli ed obbligazioni europei per un valore di 250 miliardi. Primi titoli a breve scadenza, saranno destinati alle questioni energetiche e ambientali.
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Green Bond, da ottobre saranno venduti titoli ed obbligazioni europei per un valore di 250 miliardi. Primi titoli a breve scadenza, saranno destinati alle questioni energetiche e ambientali.
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Green Bond, da ottobre saranno venduti titoli ed obbligazioni europei per un valore di 250 miliardi. Primi titoli a breve scadenza, saranno destinati alle questioni energetiche e ambientali.
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Green Bond, da ottobre saranno venduti titoli ed obbligazioni europei per un valore di 250 miliardi. Primi titoli a breve scadenza, saranno destinati alle questioni energetiche e ambientali.
Succedono cose importanti e decisive, senza che se ne dia adeguato conto all’opinione pubblica. Magari qualcuno pensa che siano faccende tecniche, comprensibili solo agli addetti ai lavori, ma sbaglia alla grande: sono i soldi con cui ci teniamo a galla e il modo in cui vengono raccolti determina il presente, ma peseranno eccome nel futuro. E siccome noi italiani ci guadagniamo, tacere quel che sta avvenendo è non solo colpevole, ma da incoscienti. Sono già stati emessi titoli europei (ovvero obbligazioni di restituzione a fronte di soldi che si prendono in prestito) per 115 miliardi di euro. Altri per 26 miliardi lo saranno a giorni. Quei soldi non sono stati raccolti e quei titoli emessi in relazione a un bilancio comune europeo, ma con specifico riferimento a programmi con finalità e scadenze (come Next generation Eu). In questo senso non sono propriamente degli Eurobond, ma dei bond (titoli, obbligazioni) europei. Se non è zuppa è pan bagnato. Da ottobre se ne venderanno degli altri, per un valore di 250 miliardi, fino alla concorrenza del 30% nella cassa del Recovery Plan. Saranno chiamati Green Bond, vista la loro destinazione alle questioni energetiche e ambientali (da qui la preoccupazione, che trovate anche oggi all’interno de “La Ragione”, sull’approssimazione e genericità delle cose che sentiamo dire). C’è di più, una novità assoluta: la prima emissione di titoli a breve scadenza, per finanziare la liquidità immediata, a tre e sei mesi, per un valore di 5 miliardi. Non abbandonate la lettura, non è pane per economisti, ora si entra in tasca. Questo progredire europeo per noi è un ottimo affare. Per dire: la liquidità a tre e sei mesi è stata raccolta a un tasso negativo, vale a dire che chi ha comprato paga pur di finanziarci. Ciò discende dalla sicurezza di quei titoli. Solo che, in Unione europea, a permettersi quel modo di raccogliere soldi sono solo i tedeschi, che per ricevere prestiti a dieci anni ottengono anche un premio dello 0,308%. Ai francesi tocca pagare lo 0,023%. Noi paghiamo lo 0,699% (le differenze sono lo spread). Più di noi pagano solo i greci, ma la gran parte del loro debito ha scadenza secolare, grazie al soccorso europeo. Ricevere quei soldi – sia a fondo perduto, ovvero regalati, sia anche solo prestati, ma a quelle condizioni – è per noi un grande vantaggio. Alla faccia dei biascicatori no-euro, che avrebbero potentemente danneggiato i nostri interessi nazionali. Ma mentre noi ce ne compiacciamo altri se ne preoccupano. A fine mese si vota in Germania e il signor Müller o la signora Weber non è che siano particolarmente più fessi del signor Brambilla o della signora Esposito, sicché si chiedono: noi perché stiamo garantendo affinché i dissoluti italiani ci guadagnino? In campagna elettorale ricevono risposte vaghe, il che è comprensibile, ma la risposta vera è: avete ragione, ma essere i più forti fra i forti non è la stessa cosa d’esserlo fra i derelitti; il mercato dei nostri consumatori (come anche per gli italiani) è principalmente europeo, sicché che la ricchezza cresca e gli squilibri si compensino è nel nostro interesse. Magari non gioiscono, ma chi sa far di conto capisce. Noi, però, non siamo i tedeschi, difatti nessuno è in piazza a spiegare perché riceviamo soldi. Il fatto è che non c’è neanche nessuno a raccontare cosa questo comporta: altro che reddito di cittadinanza e Quota 100, altro che bonus e assistenzialismo, non solo quei soldi devono andare tutti – ma proprio tutti – a investimenti, ma questi devono essere fatti bene, portare risultati e, non ultimo, in specchiata onestà. Il che significa far funzionare burocrazia, controlli, giustizia, mercato, lavoro, istruzione. Bisogna urlarlo nelle orecchie di chi pensa sia decisivo dire la frescaccia di giornata sul Green Pass e agli sparaballe sulla giustizia che non si tocca, le rendite e gli improduttivi da garantire, due fette di salame e un panettone per Natale. Poi la Befana manco porta il carbone, che diventa proibito. di Davide Giacalone

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