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Mutti: “Costi energetici più che decuplicati”, ma loro crescono

Parla Francesco Mutti, ad dell’omonima azienda: “Bene gli aiuti ma il Governo sia più chiaro su come sfruttarli. Il nanismo industriale? Un problema enorme”. Problema che non riguarda Mutti che, nonostante costi energetici passati da 3,5 a 40 mln, continua a crescere. Un processo cominciato grazie a un tubetto di concentrato e un ditale per cucito.

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Mutti: “Costi energetici più che decuplicati”, ma loro crescono

Parla Francesco Mutti, ad dell’omonima azienda: “Bene gli aiuti ma il Governo sia più chiaro su come sfruttarli. Il nanismo industriale? Un problema enorme”. Problema che non riguarda Mutti che, nonostante costi energetici passati da 3,5 a 40 mln, continua a crescere. Un processo cominciato grazie a un tubetto di concentrato e un ditale per cucito.

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Mutti: “Costi energetici più che decuplicati”, ma loro crescono

Parla Francesco Mutti, ad dell’omonima azienda: “Bene gli aiuti ma il Governo sia più chiaro su come sfruttarli. Il nanismo industriale? Un problema enorme”. Problema che non riguarda Mutti che, nonostante costi energetici passati da 3,5 a 40 mln, continua a crescere. Un processo cominciato grazie a un tubetto di concentrato e un ditale per cucito.

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Parla Francesco Mutti, ad dell’omonima azienda: “Bene gli aiuti ma il Governo sia più chiaro su come sfruttarli. Il nanismo industriale? Un problema enorme”. Problema che non riguarda Mutti che, nonostante costi energetici passati da 3,5 a 40 mln, continua a crescere. Un processo cominciato grazie a un tubetto di concentrato e un ditale per cucito.

Quando si ha l’opportunità di trascorrere qualche ora con il Cavalier Francesco Mutti davanti a un piatto di pasta al pomodoro – e come potrebbe essere altrimenti? – nel suo stabilimento di Montechiarugolo (PR), ci si trova davanti un uomo che è un mix perfetto tra tradizione e innovazione, quel che è esattamente oggi la sua azienda.

54 anni, concreto e lucido, l’amministratore delegato della Mutti Spa non passa inosservato con quei basettoni alla Camillo Benso conte di Cavour e le grandi bretelle un po’ dandy. Per diventare il re dell’impero del pomodoro (anche se lui, con modestia, prova a sminuire il termine, con un paragone improbabile con le mid-cap Usa), Mutti ha rinunciato a una carriera nella finanza e in lui si avverte la punta di rammarico di chi s’interroga su come sarebbe andata: «Era il periodo delle dot-com e quando, a 26 anni, mio padre mi chiese se volessi entrare in azienda, accettai. All’epoca era una società che non cresceva e fatturava 10 mln di euro l’anno. Oggi l’ultimo fatturato dell’azienda, quello del 2021, è pari a 484 milioni e si prevede una crescita doppia cifra nel 2022. Tutto questo nonostante l’anno al cardiopalma per via della siccità, anche se il pomodoro non richiede molta acqua (50-60 lt per kg) se paragonato, per esempio, al frumento (1.100 lt per kg)».

Pesa anche la questione energetica, in particolar modo per questo comparto che trasforma la materia prima proprio nel trimestre estivo, quello più colpito dai rincari. Chiediamo dettagli sulla bolletta e i numeri sono da capogiro: «Due anni fa per le stesse quantità di prodotto abbiamo avuto un costo di 3,5 mln, quest’anno prevediamo una spesa di 40 mln». Basteranno gli aiuti appena varati? «La questione verte su come sfruttarli, perché a oggi il termine stabilito del 31 dicembre non permette al sistema bancario di farsene carico e renderli liquidabili per le aziende. È importante che il governo faccia chiarezza sul punto, il settore impiega 50mila lavoratori».

L’Italia è il secondo player al mondo nella lavorazione del pomodoro, subito dopo la California; la Cina è terza anche se in passato, per un breve periodo, ci aveva scavalcato. «Per proteggere il Made in Italy, in collaborazione con l’Università di Piacenza abbiamo sviluppato un metodo che grazie all’analisi delle terre rare presenti nel pomodoro ci consente di capire se questo provenga dal Nord o dal Sud Italia». A proposito di Sud resta il tema del lavoro nero, pratica diffusissima tra chi si occupa della raccolta: «In generale si tratta di un impoverimento sociale che riguarda tutti» osserva Mutti. «Le aziende che impiegano in nero offrono un prodotto a un costo minore non perché siano più brave ma solo perché non rispettano le regole. In Italia esistono 55mila aziende ma più della metà delle esportazioni è fatta solo dallo 0,2% di queste. Con una dimensione media al di sotto di 9 lavoratori per impresa, il nanismo aziendale è un problema enorme».

Gli chiediamo se il reddito di cittadinanza sia un ostacolo alla crescita. «No, quando aiuta famiglie in reale difficoltà. Eppure la sua natura non temporanea crea una distorsione sul mercato, alimentando il lavoro nero e non permettendo all’economia di svilupparsi in modo sano. Per uscire dal problema serve una visione industriale d’insieme».

Quella che invece ha avuto nel 1951 il prozio Ugo con il tubetto in alluminio per il concentrato di pomodoro. All’epoca, quando ancora le case erano senza frigoriferi, il concentrato andava conservato in barattoli con sopra un filo d’olio. Non mancarono le critiche: «Dobbiamo lavarci i denti col concentrato e cucinare col dentifricio?». Poi però fu un successo senza eguali. Ma il genio di Ugo Mutti non si fermò lì. Per chiudere la confezione utilizzò un ditale, accessorio indispensabile per le casalinghe dell’epoca.

Il resto è storia.

di Ilaria Cuzzolin

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