Investimenti, crolla l’immobiliare. Perché gli italiani tornano a scegliere i Btp
Soffre l’immobiliare, appesantito da tassi, imposte e costi di gestione. I rendimenti dei Btp garantiscono ritorni più elevati, a eccezione di un solo caso (che non è la solita Milano)
Certi amori fanno dei giri immensi e poi ritornano. Dopo un periodo passato nella penombra, i titoli di stato sono tornati ad attirare nuovamente l’attenzione degli investitori. Il periodo d’oro in cui Bot e Cct garantivano rendite a doppia cifra è lontano ma il successo degli ultimi collocamenti si commenta da solo: il Btp Italia e Valore hanno superato ogni aspettativa. Di riflesso soffre invece il mercato immobiliare che registra flessioni in tutta Italia, compresa Milano, fino a ieri vera roccaforte dell’investimento sicuro e garantito (-22,9% nel primo trimestre 2023 rispetto allo stesso periodo del 2022 contro il – 10% registrato da Roma, secondo l’analisi compiuta sulla base dei dati dell’Osservatorio sul Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate).
Com’era prevedibile ad affossare le compravendite è stato il rialzo dei tassi d’interesse e il conseguente aumento dei mutui, oggi più cari del 60% rispetto a un anno e mezzo fa. Dopo la pausa sui rialzi appena annunciata della Federal Reserve, gli addetti ai lavori ora sperano che anche la BCE si mantenga sulla stessa linea d’azione. “E’ importante sottolineare però che il dato su Milano, sebbene tra i peggiori d’Italia assieme a Bologna, non appare così grave – spiega Christian Dominici, commercialista e consulente di alcune delle più importanti banche italiane – Milano ha vissuto un momento straordinario per quanto riguarda il comparto del real estate, soprattutto nel post covid, un lasso di tempo un cui avevamo ancora tassi zero e dunque non esistevano valide alternative all’investimento immobiliare. Se al centro delle scene sono tornati i Btp è perché questi generano interessi realmente allettanti. Anche le banche hanno ripreso a vincolare i propri conti correnti con percentuali di ritorno particolarmente elevate. Le cosiddette challenger bank, le più piccoline, già da tempo offrono conti deposito al 4%. Anche quelle più grandi come BPER Banca ai suoi clienti migliori offre un tasso di oltre il 4% a fronte della gestione patrimoniale di una parte delle quote investite. Oggi per fare il 4% netto sull’immobiliare bisogna partire da un rendimento assurdo, nell’ordine del 10-12% da cui poi bisogna togliere le spese condominiali e di mantenimento dell’immobile, l’IMU, le altre tasse (l’alternativa più economica è la cedolare secca che si “mangia” comunque il 21% dell’affitto ndr)”. Numeri che non possono sostenere la concorrenza dei Btp che invece sono tassati al 12,5%, quindi con un’imposizione fiscale che è poco più della metà.
Così si spiega l’inversione di tendenza in corso. Si può dire che il rally immobiliare di Milano stia per giungere al traguardo o meglio dire che la città si è fermata a riprendere fiato? “Milano resta sempre un luogo ideale dove rivolgere i propri investimenti – continua il professionista – a patto che si stia parlando della casa in cui si intende poi vivere. Se invece si cerca un immobile da mettere a reddito, in questo momento i valori di acquisto in alcune zone di Milano, anche periferiche, sono assolutamente troppo elevati. Tuttavia c’è un dato da considerare in prospettiva ed è di natura demografica: rispetto al passato si fanno meno figli, ciò equivale a dire che, presto o tardi, un certo numero di immobili finirà nella disponibilità di un solo figlio, aumentando così la disponibilità di case sulla piazza milanese”. Puntare sulla grave crisi demografica in atto per far scendere i prezzi degli immobili è una soluzione, certo non la soluzione.
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