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La parola all’head hunter

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Quando diciamo che facciamo i Cacciatori di Teste le reazioni sono sempre estreme. Il nostro lavoro nasce da una sola domanda: che persona serve davvero a questa azienda in questo momento?

Head Hunter

La parola all’head hunter

Quando diciamo che facciamo i Cacciatori di Teste le reazioni sono sempre estreme. Il nostro lavoro nasce da una sola domanda: che persona serve davvero a questa azienda in questo momento?

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La parola all’head hunter

Quando diciamo che facciamo i Cacciatori di Teste le reazioni sono sempre estreme. Il nostro lavoro nasce da una sola domanda: che persona serve davvero a questa azienda in questo momento?

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Buongiorno, che mestiere fai? Il Cacciatore di Teste.

Quando diciamo che facciamo i Cacciatori di Teste le reazioni sono sempre estreme: c’è chi pensa ai “tagliatori di teste” e chi, entusiasta, ci manda subito il CV. La verità è diversa: il nostro lavoro nasce da una sola domanda: che persona serve davvero a questa azienda in questo momento?

Non cerchiamo candidati “in generale”, ma costruiamo una corrispondenza precisa tra un bisogno organizzativo e una persona. Per farlo serve prima capire se la richiesta è corretta: la maggior parte delle job description è incompleta o eccessivamente esigente, insomma, spesso non in linea con il mercato. L’analisi iniziale, quindi, è la fase più delicata: struttura, mercato, competenze, contesto, comportamenti. E ogni ricerca è unica.

La fase successiva, la ricerca vera e propria, è in realtà la più tecnica: mappiamo aziende target, ruoli omologhi, percorsi professionali. Il processo sembra un imbuto, ma la realtà è piena di imprevisti e continui aggiustamenti. E così nessun nome nasce per caso.

Nei colloqui che seguono, poi, conta capire come ragiona una persona, non solo cosa ha fatto. Le competenze si leggono nel curriculum; attitudine, cultura e stile emergono solo ascoltando. Con i candidati esploriamo motivazioni, paure, vincoli familiari e logistici; con i clienti interpretiamo aspettative spesso non esplicitate. Tutto, o molto, si basa sull’ascolto. Durante questo percorso gestiamo anche una quantità significativa di informazioni riservate: piani di successione, riorganizzazioni, acquisizioni, tensioni personali: la discrezione non è opzionale.

Il tempo, poi, è una variabile critica che si inserisce in questo processo, rendendolo teso: aziende, candidati e head hunter vivono settimane e attese in modo diverso. La velocità non è sempre un valore, la precisione sì. Anticipare i tempi porta spesso a errori e fraintendimenti.

Identificare candidati sembra non essere difficile in un’era di social e di internet, ma scegliere quelli giusti è quello che fa la differenza, ed è il nostro mestiere. Il vero punto è l’allineamento culturale, che determina la tenuta nel tempo e questo dipende più dalla lettura dei comportamenti e degli stili che da quella delle competenze tecniche.

Il nostro ruolo è mantenere equilibrio tra azienda e candidato: due prospettive legittime ma spesso divergenti. A volte dobbiamo dire al cliente che sta chiedendo troppo, altre al candidato che deve pensare attentamente se questa sia la scelta giusta per la sua carriera.

Quando il nostro lavora sembra finito, in realtà continuiamo a dare il nostro contributo. Continuiamo a seguire l’onboarding che riteniamo una fase delicatissima ma cruciale e che decide gran parte del successo.

Il nostro è un mestiere che richiede lucidità, empatia e distanza al tempo stesso. Ogni giorno incontriamo persone e le mettiamo di fronte a delle scelte, spesso complesse. Il nostro ruolo sta evolvendosi da puro head hunter a consulente di carriera e, qualche volta, di vita.

Fare il Cacciatore di Teste significa non smettere mai di imparare: dietro ogni ricerca ci sono analisi, ascolto e responsabilità: comprendere le persone per aiutare le aziende a scegliere bene.

Di Gabriele Ghini e Alessandra Fogola di TRANSEARCH

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