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La Sicilia non perda ancora il treno

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Il tema del trasporto ferroviario in Sicilia ha radici profonde: la cancellazione dell’unico Frecciabianca fra Palermo e Catania ha riaperto il dibattito. Ma prima di tutto è necessario un cambio di mentalità.

La Sicilia non perda ancora il treno

La Sicilia non perda ancora il treno

Il tema del trasporto ferroviario in Sicilia ha radici profonde: la cancellazione dell’unico Frecciabianca fra Palermo e Catania ha riaperto il dibattito. Ma prima di tutto è necessario un cambio di mentalità.

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La Sicilia non perda ancora il treno

Il tema del trasporto ferroviario in Sicilia ha radici profonde: la cancellazione dell’unico Frecciabianca fra Palermo e Catania ha riaperto il dibattito. Ma prima di tutto è necessario un cambio di mentalità.

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C’è la Sicilia, poi il resto dell’Italia. Stessa nazione, due realtà diverse: mentre altrove gli spostamenti in treno sono diventati sempre più comodi e veloci, sull’isola la situazione è decisamente diversa.

Ultimo esempio: Trenitalia ha deciso di cancellare definitivamente l’unico Frecciabianca previsto fra Palermo e Catania. Un anno fa, a novembre, la prima corsa. Quest’estate lo stop per consentire alcuni lavori di adeguamento della rete. A settembre il treno è scomparso dal portale di prenotazione. A onor del vero a salirci in quei mesi erano sono stati davvero in pochi: 10, massimo 20 passeggeri al giorno secondo i dati di Ferrovie Siciliane. Perché costava di più dei regionali e non faceva risparmiare molto tempo: alla fine la distanza veniva coperta in 3 ore e 6 minuti (più che fra Roma e Milano, 209 chilometri contro 571).

Il tema del trasporto ferroviario in Sicilia è annoso: se nel resto dell’Italia la differenza rispetto a qualche anno fa appare evidente, qui tutto è rimasto fermo al ventesimo secolo. A cominciare dalle infrastrutture. In tutta l’isola ci sono solo 223 chilometri a doppio binario e quindi serve davvero a poco annunciare un treno che toccherà i 200 chilometri orari, perché con questa rete è impossibile.

La tratta Palermo-Catania, importantissima per chi si muove nella regione, non è neanche quella messa peggio: per percorrere i 340 chilometri fra Trapani e Catania s’impiegano nove ore. Nove. Più di quante ne siano necessarie per andare da Milano a Parigi. Logico quindi che i convogli restino vuoti, che chi non vuole prendere la macchina continui a preferire il trasporto sui bus. I quali non sono proprio un esempio di grande velocità ma almeno hanno tempi di percorrenza più comprensibili.

Parte dei fondi del Pnrr sono destinati proprio all’ammodernamento delle linee ferroviarie, ma i siciliani non sembrano avere molta fiducia nella possibilità che un intervento risolva la situazione. Eppure in molte altre regioni con caratteristiche morfologiche complicate si è fatto tanto, col risultato di aver aumentato sensibilmente il numero dei passeggeri sui treni. Ottenendo così benefici innegabili anche dal punto di vista della lotta all’inquinamento.

In Sicilia si rende necessario un cambio di passo, anche di mentalità. Abbandonare le vecchie abitudini è sempre difficile, ma può rappresentare davvero un punto di svolta. Sempre che – ovviamente – i lavori annunciati vengano fatti e non si traducano in cantieri di cui si conosce la data di inizio ma mai quella di fine lavori.

 

di Annalisa Grandi 

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