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Milano e il Salone

Milano e il Salone, ripartire da qui

Milano riparte dal Salone del Mobile, l’evento che rappresenta l’anima, nel bene e nel male, di una città che non muore mai
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Milano riparte dal Salone del Mobile, l’evento che rappresenta l’anima, nel bene e nel male, di una città che non muore mai
Milano riparte dal Salone del Mobile, l’evento che forse più di tutti rappresenta l’anima di una città che, nonostante tutto, non ha mai smesso di far parlare di sé, nel bene quanto nel male. L’apertura ieri della fiera dedicata al settore arredamento e design è stata inaugurata da una Giorgia Meloni raggiante ed entusiasta, per la prima volta a Rho Fiera Milano in veste di Presidente del Consiglio. “Non potevo mancare con la mia mise poco istituzionale, solo la Santanché ha il coraggio di arrivare con i tacchi a questo evento, tutti gli altri sanno cosa li aspetta…”, ha detto in conferenza stampa di apertura dei lavori. Vero, perché solo chi è stato qui può davvero capire cosa sia il Salone per la città di Milano.“Una gioia e una fatica” ha sintetizzato bene il sindaco meneghino Beppe Sala, perché il seguito a livello non solo nazionale è così alto che descrivere l’evento come una mera rappresentazione di un singolo comparto economico è quanto mai riduttivo. C’è il valore economico, con un indotto che secondo le prime stime si aggira sui 223,2 milioni di euro, il 37% in più rispetto alla precedente edizione svoltasi a giugno anziché ad aprile, ancora vittima dalla lunga coda pandemica. C’è il valore culturale, di Milano come traino portante di una visione imprenditoriale attrattiva e in costante fermento. Infine, c’è il valore sociale, forse il più importante, di invito alla condivisione e allo scambio che per troppo tempo il Covid ha portato via. Un ritorno alla normalità più volte rimarcato dalla parata di politici che ieri hanno sfilato lungo l’immenso complesso fieristico di Rho, tra piccole e medie imprese, visitatori curiosi e un entourage di persone a lavoro per rendere la settimana del design l’evento unico a cui siamo abituati. È Milano, il cuore pulsante dell’Europa in Italia, un ingranaggio spesso imperfetto di innovazione ma anche di criticità. Ne abbiamo parlato spesso e se ne continua a leggere ogni giorno di come la città sia scissa in due anime: quella esterna, cosmopolita e avanguardista, e quella più nascosta, delle baby gang, delle borseggiatrici in metro e del caro-affitti, che in questi giorni nel quartiere del Fuorisalone hanno registrato picchi discutibili (ma se vanno a ruba, evidentemente il mercato c’è!). Non è una caratteristica peculiare. Chiunque abbia viaggiato sa quanto una metropoli sia in grado di dare quanto di togliere nello stesso momento. La recente pioggia di critiche su Milano, scandagliando diversi tasselli del meccanismo di cui è composta, non è di per sé un errore se l’obiettivo è la risoluzione del problema. Il punto è proprio questo: è davvero sempre tutto così? Dove sono finiti tutti quelli che avevano creduto in lei? La città è in questi giorni un carnevale di eventi e colori a cielo aperto. Tra le 300 e le 400mila persone – secondo le prime stime- si sono riversate in città, attratte dagli oltre 200 eventi in 20 quartieri della città sotto il nome, appunto, di “Fuori Salone”. Trovare la metro vuota è un’impresa. In ogni angolo, dj-set e talk animano le strade e botteghe e enti culturali aprono le porte al pubblico con installazioni di artisti emergenti e non. Di quel silenzio rarefatto delle prime edizioni post-pandemia, non vi è traccia, lasciando spazio ad un rumore assordante di voci e accenti diversi. A conferma di questo, il Presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana ha tenuto a sottolineare come Milano abbia il dovere questa settimana “di rappresentare al mondo intero cosa sia l’Italia e cosa è capace di fare”. Di ritornare ad essere un esempio, un modello su cui basarsi, limando le sue esasperazioni, rendendola di nuovo libera e accogliente per tutti. Nessuno escluso. Non più sotto il segno de “il ritorno alla normalità” ma di inclinazione alla straordinarietà. Milano, un po’ arrogante e stacanovista come la conosciamo, ha scelto il Salone per dire a tutti che il leone è ferito ma non è morto. di Raffaela Mercurio

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