Monte dei Paschi di Siena all’assalto di Mediobanca, le reazioni
Monte dei Paschi di Siena ha annunciato un’offerta pubblica di scambio su Mediobanca per un valore complessivo di 13,3 miliardi di euro
Monte dei Paschi di Siena all’assalto di Mediobanca, le reazioni
Monte dei Paschi di Siena ha annunciato un’offerta pubblica di scambio su Mediobanca per un valore complessivo di 13,3 miliardi di euro
Monte dei Paschi di Siena all’assalto di Mediobanca, le reazioni
Monte dei Paschi di Siena ha annunciato un’offerta pubblica di scambio su Mediobanca per un valore complessivo di 13,3 miliardi di euro
Monte dei Paschi di Siena ha annunciato un’offerta pubblica di scambio su Mediobanca per un valore complessivo di 13,3 miliardi di euro
Una mossa che ha del clamoroso. Monte dei Paschi di Siena ha annunciato un’offerta pubblica di scambio su Mediobanca per un valore complessivo di 13,3 miliardi di euro. Mps propone agli azionisti la cessione di 2,3 quote di nuova emissione pero ogni azione Mediobanca in loro possesso, con un prezzo d’offerta di 15,992 euro l’una.
Monte dei Paschi, istituto bancario più antico al mondo ancora in attività, sfrutterà senza dubbio le sinergie già in essere con Mediobanca. Non ultime le quote condivise dal gruppo Caltagirone e da Delfin della famiglia Del Vecchio: i due controllano il 27,6% di Mediobanca e il 15% di Mps. C’è poi lo Stato, che può esercitare il golden power su Montepaschi grazie alle sue quote nell’istituto senese, pari all’11%.
La manovra ha un che di clamoroso: non sono lontani i tempi in cui Mps si salvò da un crack disastroso proprio grazie all’intervento dello Stato. Oggi parte all’assalto della cima del sistema bancario italiano, proponendosi di creare un nuovo gigante che si piazzerebbe al terzo posto per dimensioni e fatturato in Italia. E non solo: Caltagirone e Delfin sono azionisti anche di Generali. Che si stia per formare un mega-conglomerato finanziario?
Di certo la prospettiva è assolutamente concreta. Monte dei Paschi ha già convocato per il prossimo 17 aprile un’assemblea straordinaria dei soci per approvare un aumento di capitale funzionale all’operazione. Operazione, peraltro, in programma da tempo, come rivelato dall’amministratore delegato Luigi Lovaglio: «Il 16 dicembre 2022, dopo aver completato l’aumento di capitale da 2,5 miliardi incontrai il ministro Giorgetti e presentati tre opzioni: continuare da soli, fare un’operazione fra pari e un’operazione con Mediobanca», dice al Corriere.
Altrettanto certa è la reazione piccata di Mediobanca, che non era stata informata. Nei prossimi giorni è previsto un consiglio d’amministrazione straordinario per decidere come comportarsi. In ogni caso, l’ops viene definita “ostile”. Mediobanca, insomma, annuncia battaglia. Ma gli alleati sembrano scarseggiare. Il primo plauso è arrivato dalla Fabi, il principale sindacato dei bancari italiani. «L’operazione – dice il segretario generale Lando Maria Sileoni – potrebbe contribuire a completare le dinamiche del sistema finanziario italiano, in un contesto di forte consolidamento». Ogni effettivo endorsement, però, è rimandato a quando saranno più chiari il piano industriale e le prospettive per il personale.
Anche la Uil dà il suo imprimatur condizionato. Il segretario generale Pier Paolo Bombardieri commenta: «Non abbiamo nulla in contrario. Vorremmo però che al centro ci fosse l’occupazione e la tutale della presenza sul territorio».
Anche Unimpresa si mostra favorevole, anche in ottica protezionistica. «Un effetto positivo di questa iniziativa – si legge in una nota – è il possibile blocco dell’accordo tra Generali e il gruppo francese Natixis nell’ambito dell’asset management, preservando così il controllo su uno dei settori più strategici per il futuro dell’economia italiana».
La Borsa, però, non ci crede. Mps apre la seduta in maniera disastrosa, mentre Mediobanca decolla. Siamo al paradosso. Il valore totale delle 2,3 quote che Monte dei Paschi si dice disposta a fornire agli azionisti è, in questo momento, inferiore a quello di una singola cedola di Mediobanca.
E intanto arrivano anche le prime critiche. Giulio Sapelli, ex presidente della Fondazione Monte dei Paschi, affonda: «Per me l’ops non è credibile, sono sconcertato: dopo tutto quello che ha passato, Mps doveva tornare una banca municipale, cooperativa. Invece va in direzione opposta». E ne ha anche per il governo: «Perché non ricordiamo mai la buona governance britannica? Se davvero il ministero dell’Economia è d’accordo, allora dovrebbe rinunciare a tutte le sue quote».
Sul ruolo del governo inizia a intervenire anche la politica, con le opposizioni che alzano la voce. Chiedono a Giorgetti di riferire se abbia o no dato il suo benestare all’operazione. L’ex commissario della Consob Salvatore Bragantini rilancia: «Sembra una mossa targata governo. Si punta a mettere Mediobanca sotto il controllo di Delfin e Caltagirone, insieme al governo stesso. Questo è l’unico senso dell’operazione».
Interpellato, interviene il ministro degli esteri Tajani: «Siamo sempre stati per il libero mercato se serve a rafforzare il sistema bancario». Non manca di rispondere anche all’obiezione sollevata da Sapelli: «Abbiamo sempre chiesto di procedere verso la privatizzazione di Mps. Per noi bisogna procedere in questa direzione».
Anche Equita mostra di avere qualche remora. «L’operazione solleva diversi dubbi. Il premio riconosciuto è troppo modesto, le sinergie riscontrabili troppo poche, e l’appeal speculativo sul titolo Mps probabilmente si ridurrà».
Di Giorgio Patto
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