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multe per chi rifiuta il pagamento col pos

Al vaglio sanzioni per chi rifiuta il pagamento con il POS

Sanzioni in arrivo dal 1° gennaio per chi rifiuta i pagamenti con il POS (Point of Sale). La novità arriva a sorpresa e travolge tutti gli esercenti e i professionisti senza alcun limite minimo di spesa. 

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Al vaglio sanzioni per chi rifiuta il pagamento con il POS

Sanzioni in arrivo dal 1° gennaio per chi rifiuta i pagamenti con il POS (Point of Sale). La novità arriva a sorpresa e travolge tutti gli esercenti e i professionisti senza alcun limite minimo di spesa. 

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Al vaglio sanzioni per chi rifiuta il pagamento con il POS

Sanzioni in arrivo dal 1° gennaio per chi rifiuta i pagamenti con il POS (Point of Sale). La novità arriva a sorpresa e travolge tutti gli esercenti e i professionisti senza alcun limite minimo di spesa. 

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Sanzioni in arrivo dal 1° gennaio per chi rifiuta i pagamenti con il POS (Point of Sale). La novità arriva a sorpresa e travolge tutti gli esercenti e i professionisti senza alcun limite minimo di spesa. 

Multa di 30 euro più il 4% della transazione per chi rifiuta di farsi pagare con il POS: una novità che potrebbe riguardare tanti imprenditori e professionisti ancora restii al pagamento con carta. La presa di posizione è arrivata in maniera inattesa e fa parte degli emendamenti approvati ieri dalla Commissione Bilancio della Camera nell’iter di conversione del Decreto PNRR 152/2021.  Non c’è ancora l’ufficialità, ma le probabilità che questo emendamento venga mantenuto sono piuttosto elevate. Già dal 2014, per contrastare l’evasione fiscale, è scattato per gli esercenti l’obbligo di avere il POS, ma non l’obbligo di utilizzarlo. Una regola a metà, di cui ancora non si capisce la ratio: avere un POS ma rifiutarsi di utilizzarlo equivale a non averlo. La logica del Governo è stata quella di far prima adattare progressivamente gli esercenti all’abbandono del contante per poi arrivare alle sanzioni per chiunque rifiuti il pagamento cashless, obiettivo cercato ma non raggiunto dal Governo Conte anche con l’introduzione del cashback. 

Perché alcuni negozianti si rifiutano di usare il bancomat

Molti operatori esigono il contante quando il conto finale è di scarso valore. Per esempio si fa fatica a trovare un negoziante che accetti transazioni elettroniche sotto i 5 euro. La ragione non sta nella volontà di evadere il fisco ma nella necessità di evitare il pagamento delle commissioni che andrebbero a erodere i margini di guadagno.  Proprio per incentivare l’uso del bancomat e non fornire più nessuna scusa agli esercenti, il Governo ha già provveduto ad azzerare le commissioni per le transazioni fino a €5 effettuate ma solo sul circuito PagoBancomat. Sottolineiamo però che si tratta del circuito leader in Italia per il pagamento con carte di debito, con una quota di mercato pari all’80% e non è escluso che la misura venga prorogata oltre al 31 dicembre 2023.

Ma quanto costa agli imprenditori avere e utilizzare il POS?

La risposta non può essere univoca perché dipende dal tipo di apparecchio scelto, dall’istituto che lo produce e dal fatturato. Genericamente le voci di spesa sono: l’installazione, il canone mensile e le commissioni sulla singola transazione a cui spesso si aggiunge una quota fissa. Va sottolineato inoltre che è necessario dotarsi di una rete internet fissa per far funzionare i POS standard, di una rete mobile generica per quelli mobili. Il canone mensile dipende dall’istituto che eroga il servizio e varia da 15 a 50 euro circa. Esistono diversi tipi di POS, tanto che il prezzo d’acquisto va da 29 euro per i sistemi base a oltre 200 euro per quelli dotati di fotocamera, scheda SIM e, nei casi più rari, persino di una stampante. Anche le commissioni sono molto variabili perché dipendono dal tipo di carta utilizzato dall’acquirente (bancomat, carta di debito, carta di credito), dall’istituto e dal fatturato mensile. Genericamente il range in cui variano le commissioni va dallo 0,99% fino al 4% della singola transazione più una quota fissa che varia da istituto a istituto. La versione più dinamica ed economica è sicuramente quella mobile: un tipo di terminale avanzato che viene messo a disposizione da società non bancarie e ha costi relativamente bassi.  Tra i POS mobili stanno avendo particolare successo le soluzioni proposte da SumUp e dall’italiana NEXI, promosse dagli imprenditori per il loro facile utilizzo, le loro interazioni con gli smartphone e i costi contenuti sia in fase di acquisto che nelle commissioni mensili. L’azienda italiana propone una commissione dell’1,89% contro l’1.95% della concorrente che però fa della sua app il marchio di fabbrica. 

I controlli e il paragone con gli altri Stati europei

La novità introdotta il 13 dicembre mira a contrastare l’evasione fiscale, anche se restano molti dubbi sulla concreta fattibilità dei controlli da parte delle forze dell’ordine. E qui veniamo al punto più dolente: l’evasione, che, come riporta l’ultimo rapporto sull’Iva della Commissione Ue, nel 2019 è stata più alta in Italia che in qualsiasi altro Stato europeo. La nota positiva è che, anche per merito dei pagamenti tracciabili, il danno economico si è ridotto da 35,4 miliardi a 30,1 miliardi di euro all’anno. Il dato sull’evasione trova conferma anche sull’uso del POS: per il report di Cashless Society Index 2021 (CSI 2021) l’Italia è stabilmente in sestultima posizione in Europa per stato di avanzamento del cashless meglio solo di Ungheria, Croazia, Grecia, Romania e Bulgaria. È innegabile che l’uso dei POS sia la strada più efficace per contrastare l’evasione fiscale che pesa come un macigno su tutti i contribuenti. Prima di pensare ai costi delle commissioni, spesso bassissime, bisognerebbe pensare al danno che l’evasione fiscale genera ogni anno a favore di pochi, e a scapito di tutti. di Giovanni Palmisano

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