Nessun titolone per i prezzi benzina
I titoloni sul rialzo dei prezzi della benzina possono risultare ingannevoli: guardiamo e confrontiamo le cose rispetto all’anno scorso per avere le idee chiare
| Economia
Nessun titolone per i prezzi benzina
I titoloni sul rialzo dei prezzi della benzina possono risultare ingannevoli: guardiamo e confrontiamo le cose rispetto all’anno scorso per avere le idee chiare
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Nessun titolone per i prezzi benzina
I titoloni sul rialzo dei prezzi della benzina possono risultare ingannevoli: guardiamo e confrontiamo le cose rispetto all’anno scorso per avere le idee chiare
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I titoloni sul rialzo dei prezzi della benzina possono risultare ingannevoli: guardiamo e confrontiamo le cose rispetto all’anno scorso per avere le idee chiare
Fare dei titoloni sul prezzo della benzina può essere ingannevole. Non falso, ma ingannevole rispetto al tema aumento dei prezzi e possibili rimedi. Ad agosto dell’anno scorso i prezzi salivano al ritmo dell’8,4% e l’inflazione misurabile nel carrello della spesa era pari all’8,7%, senza dunque distacchi patologici. Allora la Banca centrale europea cominciava a ritenere che la nostra inflazione non fosse tutta da prezzi esterni e che il rialzo dei tassi d’interesse fosse necessario. In quel frangente fece il primo dopo 11 anni. L’inflazione continuò la sua corsa, fino all’11,8% di ottobre e novembre.
La cura dei tassi – che come tutte le terapie non è priva di controindicazioni – comincia a fare effetto e da quel picco comincia a scendere, arrivando al 5,9% nello scorso mese di luglio. La cosa tragicomica è che il nostro governo lamentava i rialzi e si vantava poi dei risultati, abbandonandosi al giochino non molto acuto di far vedere che con Draghi l’inflazione era più alta e con Meloni la si domava. Mentre l’opposizione non sapeva bene a cosa opporsi. Così andando le cose, l’inflazione continuerà gradualmente a scendere, con il governo che continuerà a vantare il risultato della cura che avversa.
Capita, però, che a luglio 2023 l’inflazione nel carrello della spesa sia pari al 10,4%, guadagnando un sempre maggiore distacco dall’inflazione di base. Ergo: il risultato positivo si deve all’intervento della Bce, mentre il lato negativo denuncia un mancato intervento interno. Il perché il prezzo dei carburanti è ingannevole lo spiega il ministro Urso: «Il prezzo industriale della benzina depurato delle accise è inferiore rispetto ad altri Paesi Ue come Francia, Spagna e Germania». Vale a dire: i prezzi oscillano, ma se da noi si paga di più è perché il carico fiscale è maggiore. Difatti lo Stato incassa più di 2 miliardi aggiuntivi grazie a chi s’è spostato per fare il bagno o un’arrampicata.
Non vale la stessa cosa per il carrello della spesa, come per altri prezzi che sono aumentati ben più dell’inflazione. Anzi, in alcuni casi capita il contrario: lo Stato rinuncia a un gettito decente (come per gli stabilimenti balneari) o al recupero dell’evasione fiscale (come per taxi e altri autonomi) e i prezzi crescono comunque troppo. Il che si spiega con gli ostacoli frapposti alla concorrenza (gare e nuove licenze) e quelli alla trasparenza (debutto contro il giusto obbligo di accettare pagamenti tracciabili).
Complicità del governo? Probabilmente anche, quando si tratta di far la corte ai voti delle corporazioni, ma ben più rilevante è l’errore che prima d’essere politico è culturale, un errore che emerge limpido quando si fanno decreti come quello sui voli aerei o le banche: pretendere di fissare il “prezzo giusto”, anziché il corretto funzionamento del mercato affinché emerga il prezzo migliore. Intanto l’opposizione s’oppone altrove.
Ci siamo opportunamente compiaciuti dell’indirizzo di bilancio utilizzato dal governo Meloni, teso a evitare sfondamenti e sbracamenti che i due alleati di governo pur chiedevano (fin dalla campagna elettorale), ma poi s’è fermato quasi tutto. Il prossimo mese sarà presentato il Documento di economia e finanza, che descrive il quadro in cui dovrà muoversi la successiva legge di bilancio. Si discute solo dei soldi che mancano, mentre finalità e sorte degli investimenti decisivi, alimentati dai fondi europei, sono finiti su uno sfondo fra il mitico e il burocratico. Si favoleggia di soldi che saranno presi alle banche e distribuiti al popolo, nel mentre si preleva dal serbatoio delle macchine più di quel che s’incasserà, se si incasserà, con quell’imposta mal concepita. E sembra quasi che si sia più interessati a costruire l’idea del nemico cui attribuire le colpe – si veda la bislacca giustificazione del prelievo bancario – piuttosto che evitare scogli già visibili.
Per questo si parla di prezzi, speculazioni e controlli con sprezzo della realtà. Che procede incurante delle nerborute esibizioni verbali.
di Davide Giacalone
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