Italia a numero chiuso
La Provincia autonoma di Bolzano ha annunciato il numero chiuso per l’intero Alto Adige. Il tema non può essere ignorato, se si vuole mantenere un turismo di qualità
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La Provincia autonoma di Bolzano ha annunciato il numero chiuso per l’intero Alto Adige. Il tema non può essere ignorato, se si vuole mantenere un turismo di qualità
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La Provincia autonoma di Bolzano ha annunciato il numero chiuso per l’intero Alto Adige. Il tema non può essere ignorato, se si vuole mantenere un turismo di qualità
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La Provincia autonoma di Bolzano ha annunciato il numero chiuso per l’intero Alto Adige. Il tema non può essere ignorato, se si vuole mantenere un turismo di qualità
Sembra una faccenda di pura gestione del turismo, in realtà è molto di più e coinvolge un’idea non solo libertà di movimento e scelta, ma anche di oggettive differenze fra chi può permettersi di più e chi di meno.
Il numero chiuso è un tema da maneggiare con cura, ma non può essere ignorato dopo le scene a cui abbiamo assistito nei giorni della Pasqua in Liguria, a Napoli è un po’ in tutte le città d’arte.
Detto che la folla resta anche il sintomo dell’ottima salute del turismo in Italia e della forza di un comparto con pochissimi paragoni al mondo, non far nulla per gestirla potrebbe equivalere a un lento suicidio. Perché la bellezza paesaggistica e storico-artistica letteralmente si consuma, se lasciata in balia di numeri incompatibili con i luoghi.
La Provincia autonoma di Bolzano ha saltato il fosso e annunciato il numero chiuso per l’intero Alto Adige, basandosi come limite massimo sui pernottamenti del 2019. Di più non si potrà fare, maggiori posti letto non saranno creati e la Provincia ha detto No anche a nuovi B&B.
Una scelta radicale, presa con i tempi e i modi tipici di un’amministrazione realmente autonoma e abituata a ragionare con meccanismi e stili mentali tutti propri.
Nessuna polemica, semplice constatazione davanti a una decisione che contrasta con il furibondo dibattito accesosi – per esempio – in Liguria sulle Cinque terre. I sindaci chiedono di far qualcosa, di porre dei limiti, prima di essere sopraffatti da maree umane di turisti, che rischiano oltretutto di tornare a casa con un’idea del tutto sbagliata dei luoghi visitati.
Ammesso che siano riusciti a vedere qualcosa, oltre la schiena di chi avevano davanti.
È dolorosa l’idea di dover dire a qualcuno arrivato magari dall’altra parte del mondo: “Ci dispiace, non c’è posto“. Eppure, il supremo interesse è la difesa dei luoghi, l’integrità degli stessi. In Egitto, da anni la visita ad alcuni dei tesori più inestimabili della terra dei faraoni va prenotata con mesi di anticipo.
Nessuno si sogna di far entrare nella Piramide di Cheope o nella tomba di Tutankhamon chiunque voglia, in qualsiasi momento dell’anno.
Con dolore, lo ripetiamo, non si capisce perché questo principio non debba essere applicato alla piazzetta di Capri, a Venezia (da anni litighiamo per un banale ticket che non cambierà una virgola), alle Cinque terre, persino ai vicoli dei quartieri spagnoli di Napoli.
Sabato e domenica scorsi non era fisicamente possibile avanzare nella zona del cosiddetto “Largo Maradona“. Una situazione spaventosa, nel caso fosse avvenuto anche il più banale incidente.
Non sappiamo se la decisione draconiana della Provincia autonoma di Bolzano sia l’unica possibile, sappiamo che il tema va affrontato, senza steccati ideologici. L’offerta turistica – per competere nel mondo di oggi – deve essere di qualità e i carnai sono l’antitesi della qualità.
Di Fulvio Giuliani
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