Pandemia monetaria
| Economia
Parallelamente all’emergenza sanitaria è stato formulato il Pepp, ovvero il Piano di acquisto per l’emergenza pandemica, che persegue l’obbiettivo di fornire ”ossigeno” agli Stati maggiormente colpiti dalla crisi.
Pandemia monetaria
Parallelamente all’emergenza sanitaria è stato formulato il Pepp, ovvero il Piano di acquisto per l’emergenza pandemica, che persegue l’obbiettivo di fornire ”ossigeno” agli Stati maggiormente colpiti dalla crisi.
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Pandemia monetaria
Parallelamente all’emergenza sanitaria è stato formulato il Pepp, ovvero il Piano di acquisto per l’emergenza pandemica, che persegue l’obbiettivo di fornire ”ossigeno” agli Stati maggiormente colpiti dalla crisi.
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AUTORE: Luca Ricolfi
Parallelamente all’emergenza sanitaria, l’Unione europea si è trovata a fronteggiare anche un’emergenza economica. Così, se da una parte gli sforzi della comunità sono stati profusi verso la cura dei propri cittadini, dall’altra si è rivelato necessario attuare misure di natura finanziaria per la salute dei conti dei Paesi membri. È in quest’ottica che è stato formulato il Pepp, ovvero il Piano di acquisto per l’emergenza pandemica.
Approvato nel marzo 2020, persegue l’obiettivo di fornire ‘ossigeno’ agli Stati maggiormente colpiti dalla crisi. Lo fa intervenendo sul mercato attraverso una massiccia campagna di acquisto di titoli, siano essi pubblici (titoli di Stato) o privati (titoli emessi da aziende private). Fin da subito il Pepp si è presentato come una misura imponente: la prima iniezione praticata dalla Bce constava in ben 750 miliardi di euro. In seguito il budget è stato aumentato fino agli attuali 1.850 miliardi. Fino a oggi sono stati acquistati titoli per circa 1.500 miliardi, più dell’80% dell’importo complessivo.
Benché non sia facile, al momento, valutare l’impatto netto della manovra sull’economia dell’eurozona, possiamo ottenere una misura di quali Paesi abbiano ricevuto più aiuto attraverso gli investimenti della Banca centrale europea. Nel primo grafico, relativo ai primi 9 mesi del 2021, è rappresentato il rapporto tra gli investimenti effettuati dalla Bce e la
stima del Pil per ciascun Paese.
Tale misura ci permette di rendere confrontabili le quantità di ‘ossigeno’ erogate ai vari Paesi. Come si può vedere, tra i principali Paesi dell’eurozona la Grecia è la nazione che più ha beneficiato della cura Pepp, registrando un valore di 0,1 frutto del rapporto tra gli investimenti (14 miliardi) e il Pil (stimato intorno ai 135 miliardi). A seguire il Portogallo (con un rapporto di 0,09), la Spagna (0,082) e l’Italia (0,078). Il dato relativo al nostro Paese è calcolato per un prodotto interno lordo stimato intorno ai 1.317 miliardi (3 trimestri) a fronte di un acquisto di titoli per circa 102 miliardi. Un altro indice utile a fornire una misura dei benefici portati dal Pepp è quello del rendimento a lungo termine dei titoli di Stato.
Nel secondo grafico è rappresentato l’andamento dei tassi di interesse dei titoli per il periodo che va da gennaio 2020 a novembre 2021. In questo caso il focus è incentrato su quei Paesi dell’area mediterranea che più spesso hanno avuto difficoltà a mantenere sotto soglia il differenziale tra i propri titoli e i Bund tedeschi. Possiamo notare come il rendimento dei titoli statali dei Paesi mediterranei si sia impennato in corrispondenza di febbraio 2020.
Tale rialzo è stato dettato dalla grande instabilità finanziaria conseguente all’esplosione della pandemia e, in secondo luogo, dalla crisi economica generata dai lockdown. Il tracciato relativo ai tassi di interesse, tuttavia, conosce una discesa alla fine di aprile, ovvero in concomitanza con i primi acquisti effettuati dalla Bce. Gli investimenti compiuti attraverso il piano Pepp hanno dunque rivestito un ruolo di primaria importanza nel sostenere i titoli più deboli e, al contempo, nel tenere sotto controllo il valore dello spread.
In conclusione, è possibile affermare che il Pepp sia andato a vantaggio degli Stati che versavano in una condizione più delicata. Italia, Spagna, Grecia e Portogallo hanno infatti ricevuto, in proporzione, una quota di risorse maggiore rispetto agli altri Paesi dell’eurozona.
di Luca Ricolfi
Tale misura ci permette di rendere confrontabili le quantità di ‘ossigeno’ erogate ai vari Paesi. Come si può vedere, tra i principali Paesi dell’eurozona la Grecia è la nazione che più ha beneficiato della cura Pepp, registrando un valore di 0,1 frutto del rapporto tra gli investimenti (14 miliardi) e il Pil (stimato intorno ai 135 miliardi). A seguire il Portogallo (con un rapporto di 0,09), la Spagna (0,082) e l’Italia (0,078). Il dato relativo al nostro Paese è calcolato per un prodotto interno lordo stimato intorno ai 1.317 miliardi (3 trimestri) a fronte di un acquisto di titoli per circa 102 miliardi. Un altro indice utile a fornire una misura dei benefici portati dal Pepp è quello del rendimento a lungo termine dei titoli di Stato.
Nel secondo grafico è rappresentato l’andamento dei tassi di interesse dei titoli per il periodo che va da gennaio 2020 a novembre 2021. In questo caso il focus è incentrato su quei Paesi dell’area mediterranea che più spesso hanno avuto difficoltà a mantenere sotto soglia il differenziale tra i propri titoli e i Bund tedeschi. Possiamo notare come il rendimento dei titoli statali dei Paesi mediterranei si sia impennato in corrispondenza di febbraio 2020.
Tale rialzo è stato dettato dalla grande instabilità finanziaria conseguente all’esplosione della pandemia e, in secondo luogo, dalla crisi economica generata dai lockdown. Il tracciato relativo ai tassi di interesse, tuttavia, conosce una discesa alla fine di aprile, ovvero in concomitanza con i primi acquisti effettuati dalla Bce. Gli investimenti compiuti attraverso il piano Pepp hanno dunque rivestito un ruolo di primaria importanza nel sostenere i titoli più deboli e, al contempo, nel tenere sotto controllo il valore dello spread.
In conclusione, è possibile affermare che il Pepp sia andato a vantaggio degli Stati che versavano in una condizione più delicata. Italia, Spagna, Grecia e Portogallo hanno infatti ricevuto, in proporzione, una quota di risorse maggiore rispetto agli altri Paesi dell’eurozona.
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