Pasta scolata o scontata
Pasta scolata o scontata
Pasta scolata o scontata
Sbaglia chi pensa che gli italiani non possano vivere senza la pasta. A tenere lontani i consumatori da spaghetti, penne e fusilli non è la dieta in vista dell’estate bensì il caro prezzi legato all’inflazione e allo scoppio della guerra in Ucraina che ha fatto schizzare in alto le quotazioni del grano. Un recente studio condotto dal Centro di formazione e ricerca sui consumi ha rielaborato i dati del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, evidenziando aumenti a doppia cifra per diversi generi alimentari nelle principali città italiane (i dati si riferiscono a gennaio rispetto a quelli dello stesso mese del 2022, quando il conflitto non era ancora esploso): maglia nera è Bologna (dove un kg di pasta costa in media il 31,3% in più), seguita da Milano (+23,2%), Palermo (+19,3%) e Roma (+14,7%). Stesso discorso per pane e olio di semi.
Com’è ovvio, i rincari hanno fatto registrare una contrazione dei consumi, innescando la reazione di un colosso del settore come Barilla: già da questo mese il gruppo ha annunciato un taglio dei prezzi dal 7 al 13%. Una mossa intelligente, che dovrebbe rappresentare un faro anche per gli altri produttori. Non ci sono scuse: l’onda inflazionistica è nella sua fase calante e anche alcuni costi vivi (come luce e gas) sono drasticamente diminuiti. Si poteva sforbiciare prima. Ma si sa, quando si tratta di ritoccare all’insù i tempi di reazione sono quelli di Jannik Sinner, quando si tratta di tagliarli ricordano quelli del bradipo.
di Ilaria Cuzzolin
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Tag: economia
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