Porti e investimenti, la mancanza di strategia e visione risulta fatale
Porti e investimenti, la mancanza di strategia e visione risulta fatale
Porti e investimenti, la mancanza di strategia e visione risulta fatale
Ci sono i beni che lo Stato può decidere di alienare, l’importante è avere una strategia (come si ragionava anche sulla prima pagina de La Ragione in edicola sabato). Ci sono poi gli asset industriali di un Paese, sui quali una mancanza di strategia e visione risulta fatale. In Italia è il caso dei porti, tornati di stretta attualità a causa dell’emergenza dei terroristi Houthi nel Golfo Persico e della minaccia al Canale di Suez. Il tema, però, è a monte: se si escludono gli investimenti programmati e i lavori avviati nel più importante dei nostri porti – Genova – il resto è piccolo cabotaggio. È proprio il caso di dirlo.
Profondità insufficienti a poter gestire navi di maggior tonnellaggio, difficoltà burocratiche e politiche insormontabili per avviare i necessari lavori di dragaggio e soprattutto per collegare i nostri porti a strade e ferrovie capaci di inserirli nella grande sfida infrastrutturale del Terzo millennio. Vere e proprie reti neurali di una potenza industriale. Rotterdam sembra un’altra dimensione, ma anche i porti francesi e spagnoli si allontanano e non è colpa degli Houthi.
di Fulvio GiulianiLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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