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Saldi e soldi

L’arrivo dei saldi non ha visto grande partecipazione, complici le regole Covid ma anche un’inflazione al 3,9%. Mentre i commercianti fanno i conti con la diminuzione delle vendite e il commercio online, l’evasione dell’Iva è quotata 19,6 miliardi.
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Saldi e soldi

L’arrivo dei saldi non ha visto grande partecipazione, complici le regole Covid ma anche un’inflazione al 3,9%. Mentre i commercianti fanno i conti con la diminuzione delle vendite e il commercio online, l’evasione dell’Iva è quotata 19,6 miliardi.
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Saldi e soldi

L’arrivo dei saldi non ha visto grande partecipazione, complici le regole Covid ma anche un’inflazione al 3,9%. Mentre i commercianti fanno i conti con la diminuzione delle vendite e il commercio online, l’evasione dell’Iva è quotata 19,6 miliardi.
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L’arrivo dei saldi non ha visto grande partecipazione, complici le regole Covid ma anche un’inflazione al 3,9%. Mentre i commercianti fanno i conti con la diminuzione delle vendite e il commercio online, l’evasione dell’Iva è quotata 19,6 miliardi.
La stagione dei saldi è partita un po’ in sordina. I conti li potremo fare alla fine, ma, complici le regole Covid, quel che si vede è un afflusso ordinato, non un assalto. Per il commercio sono giorni importanti, puntando ad aumentare le vendite, incassare il dovuto e ristrutturare il magazzino. Nel mentre si spera che lo svuotino, capita anche di pensare a tutte le giulebbe contro il ‘consumismo’, litanie recitate da quanti non si rassegnano all’idea che la libertà consista anche nel farci quel che ci pare, dei nostri soldi, senza dover sopportare le reprimende di chi ha da ridire su dispendiosità e utilità degli acquisti. Spesso trattasi di consumatori compulsivi di roba equa e solidale, il cui prezzo non è equo e non si sa con chi solidarizzi. I mesi più cupi della pandemia sono stati esaustivi nel dimostrarci che il commercio e i negozi sono parte stessa della vitalità nostra e delle città. Uno dei settori cui il virus ha portato fortuna è quello del commercio online, che gli preesisteva, naturalmente, ma ha avuto una spinta destinata a divenire stabile. Un cambiamento permanente del costume e del consumare. Questo non deve significare la chiusura dei negozi, ma una trasformazione sì. Compreso il calendario dei saldi: con una concorrenza continua e diuturna sarebbe bene lasciare a ciascuno il diritto di regolarsi come crede sia più opportuno, senza intralciare con inutili adempimenti burocratici o spingere alle false liquidazioni. Al tempo stesso il piccolo commercio deve evolversi. Anche negli Stati Uniti, come da noi, le grandi librerie sono divenute empori di oggettistica varia, con l’offerta di libri limitata alle ultime uscite. E, del resto, non è facile competere con chi può avere un magazzino sterminato e ti consegna il prodotto direttamente a casa. L’impoverimento di quelle cattedrali del libro ha impoverito anche la passeggiata dei fedeli cultori, che entrano pensando di comprare un libro o dare un’occhiata ed escono con le braccia piene. Destino inesorabile? Non è detto: negli Usa tante piccole librerie si sono consorziate e hanno creato una piattaforma digitale, talché sia possibile visitarne i tesori senza dovere prendere l’aereo, e hanno avuto successo perché quel che custodiscono è la memoria dei libri vissuti, introvabili, che solo la sciatteria li fa definire “usati”. Competere si può. Torniamo ai nostri saldi. Veniamo da anni di prezzi abbastanza stabili, il che induce a non affrettare gli acquisti. Quanti vanno dicendo che i prezzi, invece, sono sempre saliti tantissimo o son giovanotti superficiali o anzianotti scordarelli, dato che l’inflazione che conoscemmo negli anni Ottanta è roba oggi inesistente. Eppure rifà capolino, per ora al 3,9%, ma comunque c’è e cresce. Noi, però, siamo ancora condizionati dalla condotta precedente. Come sembra lo siano tanti politici e governanti, cui resta oscuro il nesso fra rialzo dei tassi d’interesse e aumento del costo dell’enorme debito pubblico. Mentre i cittadini tendono a non spendere i governanti tendono a spandere, promettendo tutto a tutti. La differenza sta nel fatto che i primi usano soldi propri. L’effetto di questa differenza è l’aumento dell’incertezza, che deprime l’umore e chiude la tasca. I demagoghi, come sempre, saranno altrove quando si sconterà il prezzo dei loro errori. Infine: l’evasione dell’Iva è quotata 19,6 miliardi. Si pensa subito ai grandi evasori, da impalare, ma in realtà è composta da moltissima evasione diffusa e consensuale, per non dire connivente: prestatore d’opera o venditore non emettono fattura o scontrino; l’acquirente, del resto, non sa che farsene. Limitare l’uso del contante serve a nulla, perché aderisce solo chi è onesto e paga le tasse, mentre all’evasore, per non dire al delinquente, gli fa un baffo. Più saggi sono la via dell’incentivo alle transazioni elettroniche e l’incrocio delle banche dati. Al consumatore la vita va resa più semplice, per il bene di tutti. di Davide Giacalone

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