Starbucks, via il ceo e Wall Street impazzisce. Ma era davvero tutta colpa sua?
Il titolo ha guadagnato il 22% dopo che l’ad è stato mandato via con effetto immediato. Ma i conti al ribasso degli ultimi mesi sono da imputare solo alla sua strategia? Un suggerimento al nuovo ceo che verrà: copiare ciò che altri grandi catene americane stanno facendo
Starbucks, via il ceo e Wall Street impazzisce. Ma era davvero tutta colpa sua?
Il titolo ha guadagnato il 22% dopo che l’ad è stato mandato via con effetto immediato. Ma i conti al ribasso degli ultimi mesi sono da imputare solo alla sua strategia? Un suggerimento al nuovo ceo che verrà: copiare ciò che altri grandi catene americane stanno facendo
Starbucks, via il ceo e Wall Street impazzisce. Ma era davvero tutta colpa sua?
Il titolo ha guadagnato il 22% dopo che l’ad è stato mandato via con effetto immediato. Ma i conti al ribasso degli ultimi mesi sono da imputare solo alla sua strategia? Un suggerimento al nuovo ceo che verrà: copiare ciò che altri grandi catene americane stanno facendo
Il titolo ha guadagnato il 22% dopo che l’ad è stato mandato via con effetto immediato. Ma i conti al ribasso degli ultimi mesi sono da imputare solo alla sua strategia? Un suggerimento al nuovo ceo che verrà: copiare ciò che altri grandi catene americane stanno facendo
Appena 16 mesi, tanto è durato l’incarico di Laxman Narasimhan come amministratore delegato di Starbucks. Al suo posto arriverà Brain Niccol. La sua testa è stata chiesta – con effetto immediato – dal fondo Elliott dopo la performance deludente della catena di caffetterie statunitensi. Una decisione netta e ferma che ha trovato il favore del mercato che evidentemente aveva bisogno proprio di questo: un taglio netto col passato nella speranza di avviare a un nuovo ciclo di successi e aperture. Subito dopo la notizia, infatti, il titolo ha fatto un balzo in avanti e del 22% a Wall Street.
Gli affari del gruppo non sono più quelli di un tempo tanto che per ben due volte consecutive l’outlook finanziario è stato ritoccato al ribasso. Pesano la contrazioni dei consumi legati all’inflazione così come il rallentamento della crescita in Cina. C’è anche un altro fattore da tenere in considerazione che può aver inciso sui numeri: il boicottaggio da parte di certi movimenti attivisti pro Gaza nei confronti di alcune catene americane – come anche McDonald’s e Kfc – additate di finanziare Israele.
Un’accusa che da Starbucks rispediscono direttamente al mittente ma che comunque è riuscita a mettere in qualche modo in difficoltà la società.
C’è anche un altro dato che tuttavia non si può ignorare in tempi complicati come questi: i prezzi elevati e l’aumento della concorrenza. Sul modello di Starcbucks, infatti, sono nate diverse caffetterie stilose e dove poter sorseggiare in tranquillità dell’ottimo caffè. Il potere d’acquisto ridotto all’osso – soprattutto da parte della middle class – ha reso abitudini semplici come andare al fast food o sorseggiare un large cappuccino accompagnato da un cinammon roll, un “vizio” da concedersi ogni tanto. Da MCDonald’s se ne sono accorti per esempio e non solo hanno deciso di non variare i prezzi ma hanno anche aumentato le promozioni in corso. Una strategia a cui forse potrebbe pensare anche il nuovo ceo di Starbucks.
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