Stipendi e parità
Stipendi e parità
Stipendi e parità
Gli intenti sono indiscutibilmente i migliori possibili: lavorare per ridurre la differenza salariale fra i generi che nell’Unione europea è ancora pari al 13%. In media, il che significa che in determinati Paesi e soprattutto in circostanze particolari la differenza degli stipendi – a parità di qualifiche e mansioni – può arrivare a livelli intollerabili. Il principio delle pari retribuzioni fra uomini e donne risale addirittura all’atto fondante della futura Unione, il trattato di Roma del 1957. All’epoca eravamo nel campo dell’enunciazione di principi, che pure hanno fatto la fortuna e la storia del processo unitario. La direttiva Ue 2023/970, con lo scopo di arrivare infine alla parità di retribuzione, prevede il divieto del segreto salariale. Ciascun lavoratore, insomma, avrà il diritto di conoscere la busta paga del collega di pari mansioni, in modo da superare – negli intenti del legislatore – quell’opacità che viene individuata fra le origini del persistente gender pay gap.
Sin qui il principio, che immaginiamo poter avere una sua efficace applicazione nelle grandi o grandissime aziende, con decine o centinaia di lavoratori dalle pari qualifiche e mansioni. Trasferire questa norma sic et simpliciter nel nostro sistema economico – fatto per la massima parte da medie, piccole e piccolissime aziende – ci appare un azzardo. Principi a parte, proviamo a immaginare cosa si scatenerebbe in uffici, imprese, negozi, esercizi di vario genere se in gruppi composti da una manciata di colleghi esplodesse la ‘bomba’ dell’assoluta trasparenza degli stipendi. Bene che vada, i datori di lavoro farebbero carte false pur di mantenere tutti rigidamente allo stesso livello, ma – statene pur certi – al ribasso. Terrorizzati dall’idea di assegnare aumenti, riconoscimenti, benefit o altro al collaboratore più meritevole, scatenando un’onda di piena incontrollabile. Rivendicazioni automatiche, prevedibili rancori palesi o silenti.
Per arrivare alla parità di retribuzione, con buona pace delle lodevoli iniziative comunitarie, l’Italia deve innanzitutto garantire quei benedetti servizi alla famiglia che continuano a latitare. Per consentire a una donna di lavorare a opportunità e armi pari con i maschi, bisogna darle tempo e possibilità di scelta. Tutto quello che ancora oggi nel nostro Paese è legato quasi esclusivamente alle maggiori disponibilità economiche. Conoscere la busta paga del collega – quale contrasto con l’era del sacro rispetto della privacy – potrebbe garantire al più dei notevoli travasi di bile.
di Fulvio GiulianiLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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