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Ganasce

“Siamo sotto la copertura europea, ma mica difende dalla dabbenaggine. Quindi i ristori, alla lunga, costano più di quel che ristorano. La Covid economy ha già passato il capolinea”.

Ganasce

“Siamo sotto la copertura europea, ma mica difende dalla dabbenaggine. Quindi i ristori, alla lunga, costano più di quel che ristorano. La Covid economy ha già passato il capolinea”.

Ganasce

“Siamo sotto la copertura europea, ma mica difende dalla dabbenaggine. Quindi i ristori, alla lunga, costano più di quel che ristorano. La Covid economy ha già passato il capolinea”.
“Siamo sotto la copertura europea, ma mica difende dalla dabbenaggine. Quindi i ristori, alla lunga, costano più di quel che ristorano. La Covid economy ha già passato il capolinea”.
  Il treno italiano ha preso a sferragliare vivacemente. Nessuna delle contraddizioni e delle arretratezze è stata affrontata e risolta, sicché talora si sobbalza e si pencola pericolosamente di lato. Lo locomotiva sbuffa, ma sembra aver superato l’anemia annoiata. C’è sempre chi si compiace di quel che va male, c’è chi se lo inventa, chi non sa far altro che piangere miseria (a proposito: il 2021 è stato un anno record per la raccolta del risparmio assistito, che è sì un segno di paura ma anche di ricchezza), ma il motore è caldo. Epperò s’ode un fischio, talora si levano scintille dalle ruote, come se due ganasce abbiano preso a stringerle. Rallentare lo avevamo messo nel conto, ma forse c’è di più. Le nostre esportazioni continuano a crescere, con un incremento tendenziale annuo del 16,8%. Con quota 510 miliardi di euro confermiamo di vedere l’orizzonte sopra le cinque centinaia. Ed è molto. A spingere verso l’alto quella percentuale e quei quattrini è prima di tutto il mercato interno europeo, che segna una crescita del 19,9%. Verrebbe voglia di andare a chiedere a quei quattro saltafossi che biascicavano contro l’Unione europea e contro l’euro – definendosi difensori degli interessi italiani – se hanno trovato un muro abbastanza solido contro cui sbattere la testa. Ma prevale la voglia di non averci a che fare. Tutto questo marcia, ma noi abbiamo una doppia caratteristica: siamo un Paese trasformatore e abbiamo un alto debito pubblico. Ed è qui che le ganasce si fanno sentire. Il costo delle materie prime è molto cresciuto ma il nostro sistema produttivo non può fare a meno di acquistarle, pena il fermarsi. In quei rialzi pesa la positiva ripresa della produzione e dei commerci nel mondo, con un contemporaneo aumento della domanda e dell’ingolfarsi logistico, sicché si può pensare che anche i prezzi sfebbrino. Prima o dopo. Ma prima o dopo? E c’è il costo dell’energia, che era sceso, è vero, ma ora sale del 370% in due anni. Anche questo si dice che scenderà, ma la Banca d’Italia sostiene che avverrà verso la fine dell’anno. E un anno è lungo. Il rischio, insomma, è che le imprese abbiano ordini in abbondanza, ma che ai prezzi di mercato perdano convenienza a produrre. Per un poco si stringono i denti, poi si digrignano, infine si perdono. Vabbé, si rimedia con i ristori. Un corno. Questa favola dei ristori ha da finire. Saranno sempre insufficienti, disfunzionali e per giunta avvelenati. Non saranno mai abbastanza e ci sarà sempre chi se ne sente escluso o malamente compensato. Sono disfunzionali perché finanziano chi può competere come chi può solo soccombere. E avvelenati perché inducono a credere che il bilancio pubblico sia un mammellone spaziale, alimentato dai marziani. E questa è la seconda ganascia: la Banca centrale europea può anche tenere a freno i Paesi che già reclamano il rialzo dei tassi d’interesse, ma il mercato già si muove in quella direzione e i Bund, titoli del debito pubblico tedesco, da un pezzo venduti con interessi negativi, sono tornati al positivo, sono tornati a costare. Il Btp italiano assai di più. Siamo sotto la copertura europea (a proposito: si sbrighino a ratificare il Mes), ma mica difende dalla dabbenaggine. Quindi i ristori, alla lunga, costano più di quel che ristorano. La Covid economy ha già passato il capolinea. Se si vuole allentare il morso delle ganasce non servono il fiasco per dimenticarle e i tappi alle orecchie per non sentirle, ma alleggerire alla grande il peso fiscale sull’energia e sulla produzione, compensando il minore gettito (in attesa di maggiore crescita) bloccando la spesa corrente e concentrandosi sugli investimenti. E si dovrebbe avere il coraggio di raccontarlo a tutti, senza infingimenti, altrimenti poi non ci si lamenti se gli elettori che non disertano le urne vanno a votare per tifoseria, eleggendo soggetti che fanno ciuff ciuff. Aridatece Monica Vitti e il trenino dell’amore.   di Davide Giacalone  

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