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Gazzelle e leoni, i giovani nella società della performance

In una società odierna votata alla retorica dell’eccellenza e delle performance, ai giovani pare non esser concesso sbagliare. Ma errare non era umano?

Gazzelle e leoni, i giovani nella società della performance

In una società odierna votata alla retorica dell’eccellenza e delle performance, ai giovani pare non esser concesso sbagliare. Ma errare non era umano?

Gazzelle e leoni, i giovani nella società della performance

In una società odierna votata alla retorica dell’eccellenza e delle performance, ai giovani pare non esser concesso sbagliare. Ma errare non era umano?
In una società odierna votata alla retorica dell’eccellenza e delle performance, ai giovani pare non esser concesso sbagliare. Ma errare non era umano?
Parte di un noto detto dice «Quando il sole sorge, non importa se sei un leone o una gazzella: l’importante è che cominci a correre». Chi corre sono le ragazze e i ragazzi che ogni giorno si alzano, magari dopo aver passato la serata a lavorare in pizzeria, si dirigono nelle aule universitarie sperando di carpire più informazioni possibili, per poi tornare a casa a studiare e ripetere il ciclo. Il giorno dell’esame arriva, vogliono eccellere in quello per cui hanno sudato mesi, probabilmente lo passeranno ma non otterranno il risultato atteso, anche se magari è buono. Ma non basta, perché si vuol essere migliori, più appetibili per un mondo del lavoro alla ricerca di giovani con titoli ed esperienza (ma quale esperienza si vuole avere appena laureati?). In seguito ci si rende conto che la fatica e i sacrifici compiuti non sono sufficienti, perché in una società ormai votata alla retorica dell’eccellenza non si è mai abbastanza, si pretende sempre di più. Non importa chi non ce la fa, chi non si laurea con 110 e lode o chi non prende due o tre lauree: significa che non si è impegnato abbastanza, che non è tagliato per ciò a cui aspira. Il fallimento non è contemplato ma guardato con sospetto. Un senso di inadeguatezza costante e di paura di deludere che a volte raggiungono il culmine nell’atto estremo di porre fine alla propria vita, come nel recente caso del giovane studente lanciatosi nel vuoto nel cortile dell’Università “Federico II” di Napoli. Da quando contano più i risultati che il viaggio formativo dell’individuo? L’università, così come l’intero mondo dell’istruzione, non è più il rifugio della cultura e del sapere in cui i giovani possono crescere, godendosi quelli che dovrebbero essere gli anni più belli. Si desirerebbe vivere il presente imparando e diventando; si rincorre invece un futuro che si spera sia pieno di successi con l’ansia di non potercela fare mai, di non riuscire a correre più veloci che si può. Errare è umano, ma non è concesso.   di Francesca Fabbri   Ascolta anche il podcast “Disorientamento universitario”

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