Il blocco che droga il mercato del lavoro
Il blocco dei licenziamenti è una droga del mercato del lavoro. 15 mesi dopo il suo varo in piena emergenza, quando l’Italia non aveva idea di cosa sarebbe accaduto, il governo Draghi ha deciso di metterlo in soffitta da luglio.
Il blocco che droga il mercato del lavoro
Il blocco dei licenziamenti è una droga del mercato del lavoro. 15 mesi dopo il suo varo in piena emergenza, quando l’Italia non aveva idea di cosa sarebbe accaduto, il governo Draghi ha deciso di metterlo in soffitta da luglio.
Il blocco che droga il mercato del lavoro
Il blocco dei licenziamenti è una droga del mercato del lavoro. 15 mesi dopo il suo varo in piena emergenza, quando l’Italia non aveva idea di cosa sarebbe accaduto, il governo Draghi ha deciso di metterlo in soffitta da luglio.
Il blocco dei licenziamenti è una droga del mercato del lavoro. 15 mesi dopo il suo varo in piena emergenza, quando l’Italia non aveva idea di cosa sarebbe accaduto, il governo Draghi ha deciso di metterlo in soffitta da luglio.
Fatta eccezione per quelle aziende che facciano ricorso alla cassa integrazione. Una mediazione figlia di trattative in seno alla maggioranza, che ogni tanto persino Mario Draghi deve accettare, pur con l’aria di chi non ha tempo da perdere.
Resta l’elemento di fondo: il dibattito sul blocco dovrebbe essere l’occasione per decidere di affrontare il cruciale tema del mercato del lavoro in Italia. Sull’onda di chi vorrebbe – ce ne sono – istituzionalizzare l’idea del divieto di licenziamento, si potrebbe giocare in contropiede. Dovremmo ricordare al Paese che l’inconcludente, ipocrita e sfiancante difesa del singolo posto di lavoro, finisce per tutelare sempre di più chi è già protetto da tutele rigidissime e ormai antistoriche. Quanto agli altri, finiscono abbandonati in balia degli eventi. Parliamo di giovani, donne e immigrati (sì, immigrati).
Parliamo di coloro che hanno perso il posto di lavoro a causa della pandemia, alla faccia del blocco dei licenziamenti e delle roboanti dichiarazioni su protezioni che così congegnate non possono avere alcun efficacia. Sono le categorie più deboli ed esposte, quelle per cui l’occupazione semplicemente è sparita o il contratto è scaduto, senza un mercato capace di assorbirli.
Sono in 814.000, dall’inizio dell’emergenza.
Forse è il caso di farsi un esame di coscienza, prima di insistere con metodi da XX secolo.
di Fulvio Giuliani
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