Dare i numeri sul lavoro e sull’occupazione è cosa facile. Il difficile è leggerli, perché ognuno tende a puntare la lente di ingrandimento sulle cifre che più gli interessa evidenziare.
Cerchiamo di non farlo e proviamo a capire come stia andando l’occupazione nel nostro Paese. Da gennaio 2021 l’Italia ha cominciato a recuperare il terreno perduto con la pandemia e si trova a metà del cammino, con un differenziale ancora negativo di 390mila posti. Quanto al tipo di lavoro, Bankitalia spiega come il 90% dei nuovi contratti da gennaio ad agosto sia a tempo. Un male, per molti. Noi crediamo di no.
Un’economia che riparte, infatti, ha bisogno di fare i conti con il ritorno alla piena produttività e necessita di lavori che siano adatti ai posti da occupare. Ce lo dice chiaramente uno studio Censis-Confcooperative dal quale emerge che le imprese non riescono a trovare 233mila figure professionali che soddisfino le loro esigenze. I posti ci sono, mancano le competenze per coprirli. Un disallineamento che produce una mancata crescita per il Paese di circa 21 miliardi di euro. Questo fenomeno dei disoccupati, dei posti di lavoro in aumento e dei lavoratori che non si trovano sta accadendo anche in Inghilterra ma a Londra hanno fatto la Brexit e questa è la spiegazione del loro testacoda. In Italia la questione è invece strutturale: manca la formazione di figure adeguate alle offerte di mercato. Un ritardo da colmare al più presto, per non avere effetti di frenata sul Pil e non rendere precaria la nostra ripresa.
di Aldo Smilzo
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