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La stramba diatriba sull’orologio candidato

La ricchezza e i sensi di colpa della sinistra.
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La stramba diatriba sull’orologio candidato

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La stramba diatriba sull’orologio candidato

La ricchezza e i sensi di colpa della sinistra.
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La ricchezza e i sensi di colpa della sinistra.
Che la politica italiana sia ormai una scatola vuota lo capisci dal forte rimbombo prodotto dalla foto del ventunenne Roman Pastore, candidato con Calenda sindaco e ‘colpevole’ di avere allacciato al polso un orologio di marca (lasciatogli peraltro in eredità dal padre defunto). Dettaglio invisibile a chi non vive d’invidia, che non poteva essere perdonato dai webeti – frustrati cronici che non sorprenderebbe scoprire evasori fiscali nonché percettori a spese nostre di immotivate prebende – e che ha innescato il dibattito all’interno della gauche, caviar e non. Un mondo di reduci, che sopravvive come un mosaico scrostato di tessere che non è più possibile accostare fra loro: ortodossi nostalgici, riformisti senza riforme, piddini privi d’identità e a guida cattolica. Eredi, spesso non soltanto spirituali, di un partito che nei decenni ha intrattenuto col denaro un rapporto strettissimo: rimpinguando le proprie casse per mano dei nemici dell’Italia, affastellando un patrimonio immobiliare secondo solo a quello del Vaticano, spartendo la ghiotta merenda delle tangenti. Anche la ricchezza dei suoi dirigenti e sodali – «Io non sono comunista perché non me lo posso permettere» spiegava quel genio di Ennio Flaiano – fuori dalle oscure botteghe doveva restare colpa occultata al popolo. Ipocriti che hanno amato così tanto i poveri da cercar di immobilizzare l’intero Paese con ascensori sociali rotti e in eterna manutenzione, politiche stataliste a danno delle imprese private, leggi di spesa consociative utili a scavare la voragine del debito pubblico. Mandavano e mandano i loro figli a studiare nei college Usa, nel frattempo dimenticandosi di arare consenso in fabbrica e nelle periferie. Molto più comodo concionare di premialità del merito in tinello, di riformismo fra gli stucchi di cartapesta dei salotti tv e ovviamente di rivoluzione in terrazza. Anche adesso che si stanno alleando con chi la povertà l’ha poi effettivamente abolita (come ha dimostrato il principesco matrimonio di Dj Fofò, in arte Alfonso Bonafede) coltivano il senso di colpa per il proprio benessere e li disturba che qualcuno possa guadagnare, avere successo ed esibirlo in maniera cafona.  A noi invece la povertà fa orrore, anche e soprattutto quella delle idee. Non conosciamo Pastore ma pensiamo che la candidatura di un giovanissimo – forzatamente privo di esperienza ma ricco di entusiasmo – non sia una cattiva notizia. Fatichiamo a considerarlo un arrivista: sostiene un Renzi ormai al 2% e viene attaccato anche da chi, ai tempi del Matteo regnante a Palazzo Chigi, faceva la fila per entrare alla Leopolda pronto a giurare su propri antenati toscani. Di Pastore quindi non sappiamo nulla, meno che mai dei suoi progetti in caso di elezione. Per questo siamo disposti a ospitarlo su queste pagine. Sincronizzando gli orologi. di Vittorio Pezzuto 

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