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Galli

Massimo Galli, meglio tardi che mai

Come non ricordare il virologo Massimo Galli, portabandiera della truppa di medici che ha accompagnato per mano il Paese, dall’inizio della pandemia.
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Massimo Galli, meglio tardi che mai

Come non ricordare il virologo Massimo Galli, portabandiera della truppa di medici che ha accompagnato per mano il Paese, dall’inizio della pandemia.
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Massimo Galli, meglio tardi che mai

Come non ricordare il virologo Massimo Galli, portabandiera della truppa di medici che ha accompagnato per mano il Paese, dall’inizio della pandemia.
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Come non ricordare il virologo Massimo Galli, portabandiera della truppa di medici che ha accompagnato per mano il Paese, dall’inizio della pandemia.
Con l’incedere cadenzato del suo eloquio e il volto pazientemente arcigno, il professore ci ha spiegato un’infinità di volte perché stessimo sbagliando tutto ciò che era possibile sbagliare, in particolare nella gestione quotidiana delle nostre attività. Non un pessimista in quanto tale, il direttore delle malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, ma di certo un esperto affezionato al metodo delle chiusure a oltranza e fustigatore entusiasta di chiunque osasse ipotizzare una ripartenza. È già leggenda il suo “rischio calcolato male“, all’annuncio del Presidente del Consiglio, Mario Draghi, di aver preso la decisione di riaprire progressivamente il paese, secondo il principio del “rischio ragionato“.   Galli

 Professor Massimo Galli,(Photo by Miguel MEDINA / AFP – via HuffPost)

  Oggi, il professor Galli fa mea culpa, riconoscendo che le cose sono andate molto meglio di quanto lui avesse erroneamente preconizzato, convinto che l’Italia si stesse avviando su una strada pericolosa, proprio a causa delle scelte del governo. Riconoscere di aver sbagliato è sempre un merito, ma è l’ammissione che segue a lasciare basiti: quando il prof. Galli dichiara tutto il suo stupore per il successo della campagna vaccinale, che ha permesso al Paese di essere al sicuro in questa fase di progressivo riavvio delle attività e della vita sociale. Qui, in tutta franchezza, ci perdiamo: come può un uomo di questa levatura ed esperienza aver coltivato fortissimi dubbi sul metodo scelto e sulla capacità degli italiani di applicarlo in modo razionale e, allo stesso tempo, non aver saputo pesare  IL fatto nuovo: la campagna vaccinale di massa. Passi la sfiducia dell’’uomo della strada’ – esperto di tutt’altro nella vita e fuorviato da una comunicazione schizofrenica – ma l’abbaglio di una delle persone che hanno cadenzato le nostre giornate per 15 mesi è una durissima lezione postuma. Ironia della sorte, alla fine l’unico rischio ‘calcolato male’ era che potesse aver torto proprio lui.   di Fulvio Giuliani

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