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Non smarriamo la giusta strada

Ci risiamo e non va bene proprio per niente. A pochi giorni dalla tragica vicenda della diciottenne Camilla, siamo riprecipitati nella regionalizzazione insensata.
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Non smarriamo la giusta strada

Ci risiamo e non va bene proprio per niente. A pochi giorni dalla tragica vicenda della diciottenne Camilla, siamo riprecipitati nella regionalizzazione insensata.
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Non smarriamo la giusta strada

Ci risiamo e non va bene proprio per niente. A pochi giorni dalla tragica vicenda della diciottenne Camilla, siamo riprecipitati nella regionalizzazione insensata.
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Ci risiamo e non va bene proprio per niente. A pochi giorni dalla tragica vicenda della diciottenne Camilla, siamo riprecipitati nella regionalizzazione insensata.
Purtroppo, non possiamo dire di essere sorpresi di questo effetto collaterale di una terribile storia davanti alla quale tutti dovrebbero avere la decenza di tacere e aspettare. La morte di una ragazza – mai stancarsi di ripeterlo – non può essere strumentalizzata, utilizzata per fughe in avanti o, peggio ancora, segnare il ritorno di protagonismi che conosciamo sin troppo bene. Regioni che vietano del tutto AstraZeneca, come la Campania (ma lo consentono per la seconda dose…). Altre che impongono divieti di età a più vaccini, generando inevitabili e comprensibili timori in decine di migliaia di persone in attesa del richiamo. Sembra che più ci si sforzi di richiamare ad un approccio fermo e razionale, più si moltiplichino le spinte centrifughe. La chiave della clamorosa accelerazione del piano vaccinale nazionale e il suo indiscutibile successo è, oltre un’organizzazione degna di questo nome, la centralizzazione delle regole. Ripensando ai mesi scorsi, la considerazione appare persino banale. Tornare alla confusione che abbiamo ben sperimentato sarebbe pura follia. Al Comitato Tecnico Scientifico chiediamo indicazioni chiare e univoche da girare al governo, in modo che si tracci UNA strada. Sappiamo perfettamente di muoverci in terra in buona misura ancora incognita e comprendiamo difficoltà e ripensamenti. Conosciamo, però, anche gli errori di comunicazione commessi e le relative conseguenze. Chiedere a chi ha la responsabilità delle indicazioni scientifiche di non ripeterli è il minimo. Altri due temi non sono ulteriormente rinviabili: aprire un dibattito sull’obbligatorietà dei vaccini anti-Covid, come chiesto da sempre più esperti in materia, e la liberalizzazione degli stessi, rendendoli disponibili a pagamento. L’obbligatorietà non può essere un tabù politico o di altra natura, considerata l’oggettiva difficoltà a mantenere alta la tensione nel tempo, in vista dei futuri e necessari richiami di decine di milioni di persone. Vaiolo e poliomielite, cerchiamo di non dimenticarlo mai, furono debellati attraverso il vaccino obbligatorio. Quanto alla disponibilità a pagamento, con la definizione dei protocolli e scorte a tendere senza limiti, apparirebbe insensato vietarne la vendita in farmacia. Parliamo di vaccini destinati a diventare parte della nostra vita (almeno per un po’) come l’annuale antinfluenzale. Regole chiare, centralizzazione, onestà intellettuale e niente tabù: non vediamo altre strade. di Fulvio Giuliani 

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