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nomina vertici corte di cassazione

47 o 48, giustizia morto che parla

All’alba di un nuovo anno giudiziario, il CSM è costretto a rinominare i vertici della Corte di cassazione. La strada da intraprendere è solo una: fermare la demolizione istituzionale della giustizia, cui partecipa la magistratura.
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47 o 48, giustizia morto che parla

All’alba di un nuovo anno giudiziario, il CSM è costretto a rinominare i vertici della Corte di cassazione. La strada da intraprendere è solo una: fermare la demolizione istituzionale della giustizia, cui partecipa la magistratura.
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47 o 48, giustizia morto che parla

All’alba di un nuovo anno giudiziario, il CSM è costretto a rinominare i vertici della Corte di cassazione. La strada da intraprendere è solo una: fermare la demolizione istituzionale della giustizia, cui partecipa la magistratura.
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All’alba di un nuovo anno giudiziario, il CSM è costretto a rinominare i vertici della Corte di cassazione. La strada da intraprendere è solo una: fermare la demolizione istituzionale della giustizia, cui partecipa la magistratura.
L’aria è quella della disfatta. Il Consiglio superiore della magistratura, che per quella nomina è tradizionalmente presieduto dal presidente della Repubblica, è costretto a riunirsi d’urgenza e a fare una cosa che non si sarebbe mai dovuta vedere: rinominare i vertici della Corte di cassazione visto che le precedenti delibere del 2020 sono state considerate illegittime, quindi annullate, dal Consiglio di Stato. Il tutto il giorno prima dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, quando i rinominati, precedentemente decapitati, dovranno prendere la parola. 47 nella Smorfia romana. 48 in quella napoletana. Sarebbe un tragico errore – nonché una totale mancanza di riguardo nei confronti del presidente Mattarella che sul punto si è spesso speso, compensando con il peso delle parole la mancanza di clamore (costume di cui gli va riconosciuto il merito) – e sarebbe una puerile fuga dalla realtà se oggi le considerazioni che si svolgeranno non partissero da quella constatazione: va fermata la demolizione istituzionale della giustizia, cui la magistratura alacremente partecipa. Il ministro della Giustizia ha ricordato che l’impegno della riforma è stato preso, con la Commissione europea, e scadenzato entro l’anno in corso. Ma è financo un dettaglio, perché corporativismo e ottusità nazionali sono in grado di sostenere che quel sano e benemerito vincolo esterno vada posposto alla nostra sovranità. Ma la giustizia muore in un sovrano disinteresse collettivo. Salvo tirarsi sulla schiena le inchieste.

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