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Russia al veleno

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L’episodio di presunto avvelenamento di Roman Abramovich fa riflettere. È difficile imbastire trattative con chi non ha intenzione di negoziare.

Russia al veleno

L’episodio di presunto avvelenamento di Roman Abramovich fa riflettere. È difficile imbastire trattative con chi non ha intenzione di negoziare.
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Russia al veleno

L’episodio di presunto avvelenamento di Roman Abramovich fa riflettere. È difficile imbastire trattative con chi non ha intenzione di negoziare.
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Possiamo immaginare in che atmosfera si tornerà a trattare, oggi in Turchia, fra russi e ucraini. Inseguiti dalle voci e dai sospetti di avvelenamento di alcuni dei mediatori di Kiev, compreso il più famoso fra gli oligarchi, Roman Abramovich. Lo stesso governo del presidente Zelensky non smentisce, ma sceglie la strada della “mancanza di riscontri“, pur di non minare alle fondamenta questo nuovo tentativo di stabilire una linea di dialogo con chi – sino a ora – non ha mostrato di voler realmente trattare su alcunché. Anche gli Usa dubitano, ma i precedenti sono troppi. Lo scrivevamo solo ieri: difficile imbastire trattative con chi non ha l’intenzione di negoziare, ma non avevamo previsto la possibilità che entrasse in gioco addirittura la vecchia arma di sempre di stampo sovietico-russo, il veleno. Ricordiamo bene il polonio, le vittime, chi non ce l’ha fatta e chi ha rischiato pesantemente, come l’ultimo grande oppositore di Vladimir Putin, Navalny, condannato a nove anni di carcere solo la scorsa settimana dopo essere tornato volontariamente in patria. Rientrò, proprio dopo aver rischiato la pelle per un avvelenamento in stile film di 007, che non aveva proprio nulla di fiction. Forse oggi è toccato all’ex proprietario del Chelsea (un avvertimento?). Si dice con il cioccolato, a un tavolo di trattative per la pace. Non dimentichiamolo. Questa è l’atmosfera che si respira quando ci si avvicina all’uomo del Cremlino. Converrebbe ricordarlo, quando ci sforziamo di parlare di diplomazia, spiragli di pace, garanti e garanzie. Parliamo di un mondo subdolo, spietato, in cui l’intimidazione è merce quotidiana, un mondo in cui ci sono due strade: tacere o fare il pappagallo del padrone. Se persino Abramovich non può star tranquillo con Putin, nessuno può realmente credere che il dittatore di Mosca possa accettare la figura di un vero mediatore. Non la vuole, vuole trattare esclusivamente alle sue condizioni, da una posizione di forza. Per ora gli è clamorosamente sfuggita su terreno e, alla fine, questo è l’unico elemento che abbia un peso. Bisognerà capire se quest’uomo ossessionato comincerà ad accettarlo, iniziando a trattare sul serio o se proverà ancora a sfondare la resistenza ucraina, prima di sedersi e parlare. Senza cioccolata. di Fulvio Giuliani

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