Arciconfraternite
La crescita che stiamo vivendo è stata innescata dal Piano nazionale statale, retto da una decisione politica europea. L’era dei debiti pubblici comporta una crescita del ruolo della spesa pubblica e del peso dello Stato.
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La crescita che stiamo vivendo è stata innescata dal Piano nazionale statale, retto da una decisione politica europea. L’era dei debiti pubblici comporta una crescita del ruolo della spesa pubblica e del peso dello Stato.
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La crescita che stiamo vivendo è stata innescata dal Piano nazionale statale, retto da una decisione politica europea. L’era dei debiti pubblici comporta una crescita del ruolo della spesa pubblica e del peso dello Stato.
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La crescita che stiamo vivendo è stata innescata dal Piano nazionale statale, retto da una decisione politica europea. L’era dei debiti pubblici comporta una crescita del ruolo della spesa pubblica e del peso dello Stato.
L’era dei debiti pubblici enormi comporta una crescita del ruolo della spesa pubblica e del peso dello Stato. Stiamo vivendo la crescita innescata da un Piano nazionale statale, a sua volta retto da una decisione politica europea. Non potrebbe essere diversamente, ma occorre fare attenzione a come si regolano il mercato e la convivenza, se non ci si vuol trovare in una specie di statalismo senza coloritura ideale, una specie di socialismo demenziale. Per evitarlo non serve guardare al cielo, ma la terra degli interessi in gioco.
Il conflitto fra interessi diversi è una buona cosa. È moralismo mendace, quindi senza etica, quello che racconta come buona la rappresentanza delle idee o del popolo, disprezzando quella degli interessi. Le idee non cancellano gli interessi, ne sono espressione e li modificano, proponendo modelli diversi di convivenza e crescita. Il guaio è quello opposto, quando gli interessi non si scontrano ma si fondono, quando non si sfidano ma si coalizzano o, peggio – ed è quel che accade all’Italia e al suo quarto di secolo perso – quando ciascuno difende il proprio privilegio lasciando che gli altri facciano lo stesso con i loro. Se li si guarda da vicino, quegli interessi e quei privilegi, fanno quasi ridere per quanto sono piccoli, eppure sprigionano una forza devastante, complice l’indifferenza altrui, la superficialità politica e l’anestesia data dalla spesa pubblica.
Correva l’anno 1973 quando l’allora governatore della Banca d’Italia, Guido Carli, parlò dei «lacciuoli» che trattenevano l’economia italiana. Tornò a farlo anni dopo, dicendo di «lacci e lacciuoli». Hanno forza di funi, perché lasciati fuori da ogni seria azione riformatrice. Ma hanno consistenza talora di pagliuzze, che sarebbe facilissimo rimuovere. Abbiamo la scuola meno digitalizzata e ogni anno rinnoviamo lo scempio di libri di testo che sono costosi mattoni destinati all’intonso. Eppure cos’è la congrega degli stampatori, che manco possono dirsi editori, rispetto al numero di famiglie e studenti? Poca cosa, ma resistentissima, perché lasciata prosperare nell’indifferenza. Quanti sono i notai che resistono all’essere più facilmente accessibili e numerosi? 5.130 eppure capaci, lo ha ricordato Alessandro De Nicola, di rendere vana una legge del 2017 che ne avrebbe voluto almeno 12mila. E così via, con gestori di stabilimenti balneari insediati su beni demaniali e guardiani di una rendita non contendibile, quindi chiusa ai giovani (che non siano i loro figli) e disfunzionale per i bagnanti; con tassisti a presidio del contenimento delle licenze anziché della concorrenza; con farmacie che hanno l’esclusiva nel vendere prodotti che smerciano come commessi e non come farmacisti. Tutto questo e molto altro ancora resiste non perché sia potentissimo, ma perché chi prova a mettere mano alla riforma di quei mercati deve fare i conti con la totale avversità di chi li abita e l’indifferenza di chi li utilizza. Eppure basterebbe scalfire l’arciconfraternita della rendita e diventerebbe assai più facile aggredire interessi consistenti, come quelli del mercato energetico, del trattamento dei rifiuti, del capitalismo municipale.
Non ci si riesce perché troppi sono convinti che il richiamo all’interesse generale sia una fola per fessi. Dopo tanti anni Guicciardini e il suo ‘particulare’ continuano a segnare il passo nazionale. Il solo antidoto allo statalismo rimane l’anarcoindisciplina. Con le forze politiche che le provano tutte ad avere rappresentanza di tutti i lacci e lacciuoli. Siccome poi ci si strozza, con quella roba, e da tempo manca l’aria, ne gira una diversa e forse si metterà veramente mano a una legge sulla concorrenza. Ma la rivoluzione sarebbe straordinaria se fossero i cittadini a capirla, volerla e approfittarne nella difesa dei loro interessi. In quel caso sì, accidenti, una pagina sarebbe voltata.
di Davide Giacalone
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