Arnaldo Forlani, le virtù del coniglio mannaro
Maghi della parola o del non detto: Arnaldo Forlani ma anche Tommaso Morlino e Attilio Piccioni
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Arnaldo Forlani, le virtù del coniglio mannaro
Maghi della parola o del non detto: Arnaldo Forlani ma anche Tommaso Morlino e Attilio Piccioni
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Arnaldo Forlani, le virtù del coniglio mannaro
Maghi della parola o del non detto: Arnaldo Forlani ma anche Tommaso Morlino e Attilio Piccioni
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Maghi della parola o del non detto: Arnaldo Forlani ma anche Tommaso Morlino e Attilio Piccioni
Arnaldo Forlani amava giocare con le parole. Poteva parlare per ore senza dire – volutamente – niente. Solo Tommaso Morlino sapeva fare meglio: parlava non per chiarire il proprio pensiero ma per nasconderlo. Una disperazione per i giornalisti costretti a spiegare cosa diavolo volesse dire.
Ben altra pasta Attilio Piccioni: un ermetico, rispetto agli altri due. All’inizio degli anni Cinquanta i giornalisti gli domandano come andrà a finire una delle tante crisi ministeriali che hanno costellato l’esperienza repubblicana. Non volendosi compromettere, Piccioni allarga le braccia ed esala un enigmatico «Mah». Temendo di essersi esposto fin troppo, torna sui propri passi e mette le mani avanti: «Sia chiaro, io non ho detto niente».
Il Coniglio mannaro di Giampaolo Pansa era invece non solo un mago della parola ma anche un indolente proverbiale. A tal punto che quando è nominato presidente del Consiglio da Sandro Pertini, anziché rallegrarsi ha un attimo di smarrimento all’idea di esporre le dichiarazioni programmatiche del governo davanti all’uno e all’altro ramo del Parlamento. Pertanto implora i presidenti delle Camere, Amintore Fanfani e Nilde Iotti, affinché possa parlare a un ramo del Parlamento e consegnare il testo delle dichiarazioni programmatiche all’altro ramo. E da allora vige la regola non scritta dell’alternanza. Non fosse che per questo, e tralasciando tutto il resto, Forlani ha meritato una nota a piè di pagina nei manuali di diritto parlamentare.
di Paolo Armaroli
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