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Autonomia misteriosa

Il disegno di legge proposto da Calderoli: poco chiaro, tanto caro a Salvini ed interessante per la presidente del Consiglio
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Autonomia misteriosa

Il disegno di legge proposto da Calderoli: poco chiaro, tanto caro a Salvini ed interessante per la presidente del Consiglio
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Autonomia misteriosa

Il disegno di legge proposto da Calderoli: poco chiaro, tanto caro a Salvini ed interessante per la presidente del Consiglio
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Il disegno di legge proposto da Calderoli: poco chiaro, tanto caro a Salvini ed interessante per la presidente del Consiglio
Saremmo curiosi di condurre un sondaggio su quanto gli italiani – da nord a sud – abbiano capito dell’”autonomia differenziata” tanto cara alla Lega, improvvisamente riscoperta dopo gli anni del partito nazionale voluto da Matteo Salvini e naufragato alle scorse elezioni del 25 settembre. In cosa consisterebbe questa autonomia differenziata, quali competenze nello specifico dovrebbero passare dallo Stato alle Regioni, quali differenze e soprattutto vantaggi ne dovrebbero derivare per le amministrazioni locali e in particolare per i cittadini? In realtà, che nessuno sappia rispondere – siamo pronti a scommetterci – è determinato anche dall’estrema fumosità del progetto, confluita in una bozza di disegno di legge messo a punto dal ministro Calderoli, atteso in settimana in Consiglio dei Ministri e su cui ha messo occhi e mani la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Il capo del governo ha disegnato per sé un ruolo molto rilevante nella definizione degli ambiti e dei limiti dell’autonomia rafforzata stessa. Giorgia Meloni ieri a Roma è stata chiara che più chiara non poteva: “Non ci rassegniamo all’idea che ci siano cittadini di serie A e di serie B, territori e servizi di serie A e di serie B: vogliamo una sola Italia con servizi e diritti uguali per tutti”. Non esattamente il massimo del viatico per la strombazzatissima (dalla Lega) autonomia. Sarà un caso, ma non lo è, Giorgia Meloni, davanti alla stessa platea di sindaci, ha parlato con chiarezza e durezza agli alleati: “Non c’è spazio per i personalismi e le piccole beghe politiche sulla pelle dei cittadini”. Evidente ciò che la premier ha voluto fare: disinnescare gli aspetti più controversi e potenzialmente esplosivi della riforma, attraverso un intervento che tenga sotto stretto esame l’analisi dei costi standard dei servizi in tutto il Paese e dei livelli essenziali delle prestazioni, che saranno determinati proprio da decreti del presidente del Consiglio dei ministri e poi affidati all’analisi del Parlamento. L’obiettivo è chiarissimo: cancellare la sensazione del via libera a forze centrifughe in favore dei territori più ricchi, mettere dei paletti rigidissimi all’idea della Lega e porre Fratelli d’Italia e la figura stessa di Giorgia Meloni come “ garanti” contro le spinte più estreme del Carroccio. Incombono le elezioni regionali… Tutto questo è politica, legittima e comprensibile ci mancherebbe, ma vorremmo proprio capire cosa c’entri con la pretesa di ridisegnare il funzionamento dello Stato, affidandosi a un regionalismo spinto, a oggi confusionario e vagamente misterioso. Vissuto, oltretutto, nel sostanziale disinteresse della stragrande maggioranza dei cittadini e nella sorda resistenza di un capo del governo che ha puntato tutte le sue fiches sul semipresidenzialismo e non certo sull’autonomia della Lega. Di Fulvio Giuliani 

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