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Benefattori in conto altrui

Affermare che il Reddito di cittadinanza e il super bonus 110% siano stati a costo zero per il cittadino vuol dire affermare una sonora sciocchezza.
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Probabilmente Beppe Grillo paga poche tasse o comunque il relativo prelievo è solo una parte modesta del suo reddito annuale. Beato lui. Se non fosse che questo stato di grazia lo spinge, forse, a elogiare nel suo ultimo blog Riccardo Fraccaro, il “110% man. La sua immagine campeggia in un manifesto stile Far West con la scritta «Wanted». Sarebbe ricercato perché «ha reso possibile l’efficientamento energetico e l’adeguamento antisismico delle abitazioni a costo zero per i cittadini, dando impulso all’economia e alla salvaguardia dell’ambiente. Ora l’ex sottosegretario Riccardo Fraccaro è tra le 10 persone più ricercate del mondo. Se avvistato avvicinarsi con cautela, può compiere opere di bene per la collettività».

Stessa sorte il giorno prima era toccata a Nunzia Cataldo, l’ex ministro del Lavoro, “Redd-Queen” che aveva «cercato di migliorare la vita di milioni di persone cadute in povertà» grazie all’introduzione del Reddito di cittadinanza. Entrambi benefattori, più che dell’umanità, del popolo a 5 Stelle. Per carità, nulla da eccepire sulla filosofia dello Stato compassionevole. Specie di fronte agli ultimi dati Istat, che parlano di oltre 5,6 milioni di persone che vivono al di sotto della soglia della povertà assoluta.

Si tratterebbe comunque solo di una prima tornata, dei dieci annunciati. Come nella cara vecchia Unione Sovietica, sarebbero stati individuati altri 8 candidati. Pronti a vestire i panni degli eroi del popolo. Restiamo in trepida attesa. Un dato, tuttavia, non sembra tornare. In entrambi i casi citati siamo ben lontani da quel pasto gratis che traspare dalle parole del fondatore del MoVimento.

Il Reddito di cittadinanza ha comportato, in 10 anni, uno stanziamento a bilancio (ovviamente) pubblico pari a 80 miliardi di euro. Per il super bonus edilizio del 110% si sono già spesi 33,312 miliardi (dati dell’Ufficio parlamentare del bilancio). I soldi sono finiti da tempo, anche a causa dell’aumento dei prezzi che la nuova domanda d’interventi – interamente finanziati dallo Stato – ha determinato. Molti dei lavori sono quindi rimasti a metà, creando una situazione di caos dalla quale sarà difficile uscire, senza mettere nuovamente mano al portafoglio. Tant’è che Giuseppe Conte medita la fuga verso l’Aventino.

Affermare quindi che quelle opere «sono state a costo zero» per il cittadino è solo dire una sonora sciocchezza. Hanno contribuito a far lievitare la spesa pubblica al netto degli interessi, che alla fine del Conte II (dati Istat) ha raggiunto il 53,5% del Pil. Il valore più alto dal quarto trimestre del 2009, in media una decina di punti in meno. E l’indebitamento che, sotto il governo Gentiloni era stato pari al 3,1%, è svettato al 12,8% del Pil. Nel frattempo la pressione fiscale in Italia risulta essere la più alta dell’Eurozona. Seconda solo alla Francia. Malessere ovviamente avvertito solo da coloro che le tasse le pagano e non sono nababbi.

Di Gianfranco Polillo

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