Berlusconi e il suo tempo
Berlusconi e il suo tempo
Berlusconi e il suo tempo
Silvio Berlusconi ha attraversato il tempo, il suo tempo. Nonostante la lunghissima avventura umana, le infinite versioni imprenditoriali, la cavalcata politica durata trent’anni, il leader di Forza Italia resta uomo indissolubilmente legato alle sue intuizioni. Ai suoi mondi. Non ha lavorato per costruire un’eredità, al di là di un rapporto profondo e molto ‘italiano’ con i figli. È sempre stato Silvio Berlusconi al centro della scena, al centro di tutto, irradiando energie (impressionanti, va detto) attorno a sé. Non poteva avere eredi in senso imprenditoriale o politico. Ha fatto tanta luce e di conseguenza troppa ombra intorno a sé, che da un certo momento in avanti persino noi giornalisti rinunciammo a cercare le ormai eteree figure dei ‘delfini’ o simili.
Basta analizzare, del resto, i tre grandi asset della sua avventura umana e professionale: l’imprenditoria, la politica e lo sport. In ciascuno è stato innovatore sopraffino, visionario compulsivo, vincente indiscutibile. Tutto questo, però, non modifica la valutazione su quanto sia rimasto di quella carica propulsiva, di quella vera e propria “rivoluzione” che lo vide al centro di altrettanti sistemi solari.
Sull’imprenditore c’è poco da dire o discutere, ma della sua creazione più folgorante – la televisione commerciale – cosa è rimasto che si possa immaginare dall’avvenire radioso? Canale 5, Italia 1 e Rete 4 ebbero un ruolo dirompente nella società italiana degli anni Ottanta e Novanta; oggi qualsiasi paragone è malinconico. Anche perché assorbito dalla politica, con il passare degli anni Silvio Berlusconi ha dato la sensazione di perdere il contatto con l’evoluzione dei media, scossi sino alle fondamenta dall’avvento dei dati e dello streaming. In questo nuovo mondo la sua Mediaset non è mai stata profondamente innovatrice e Silvio Berlusconi o è un innovatore o non è.
Il calcio moderno, così come lo viviamo oggi, lo ha inventato lui. Non ci sono dubbi al riguardo: è sua l’idea del pallone come puro entertainment di massa. Sarà anche soltanto un’immagine, ma resta insuperato lo sbarco del primo Milan berlusconiano dagli elicotteri all’Arena napoleonica di Milano sulle note della “Cavalcata delle Valchirie”. Quella fu una manifestazione di intenti e la promessa di uno sconvolgimento, che puntualmente gli avversari non seppero cogliere. Dal calcio – dal Milan – Silvio Berlusconi è infine uscito senza saper più cogliere il bandolo della matassa, superato da sceicchi e fondi vari. La stessa ultima avventura del Monza ne è paradossalmente una prova: riproposizione in sedicesimi del modello Milan. Ancora vincente, ma a un livello imparagonabile alle cavalcate rossonere degli anni d’oro. Anche il calcio, insomma, è andato avanti e più veloce di quanto anche un uomo visionario come Berlusconi potesse immaginare.
La politica, infine: è stato centrale sino alle ultime ore della vita per il progetto politico di centrodestra, il fondatore dell’idea stessa di un’alleanza moderata e alternativa alla sinistra, ma comunque un’ombra del leader irrinunciabile e accentratore che fu. Non è solo questione dei numeri di Forza Italia, ridotti a cifre che un tempo il capo avrebbe semplicemente considerato inaccettabili: sono i rapporti di forza radicalmente mutati ad aver sancito la fine di un’era. Prima Matteo Salvini e la sua Lega, poi l’ascesa dell’astro di Giorgia Meloni e della sua destra hanno costretto Silvio Berlusconi a un ruolo che soltanto il gigantesco carisma e la considerazione infinita delle proprie possibilità sono riusciti a mascherare.
Anche lui non è sfuggito alla regola di tutti i grandissimi, definizione che non implica valutazioni e giudizi: senza eredi ed eredità, perché inimitabile.
di Fulvio GiulianiLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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