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Amato e odiato senza originalità

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Neppure 24 ore dopo la scomparsa, su Silvio Berlusconi si è scatenata l’ennesima polemica

Amato e odiato senza originalità

Neppure 24 ore dopo la scomparsa, su Silvio Berlusconi si è scatenata l’ennesima polemica
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Amato e odiato senza originalità

Neppure 24 ore dopo la scomparsa, su Silvio Berlusconi si è scatenata l’ennesima polemica
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Come da personaggio, neppure 24 ore dopo la scomparsa, su Silvio Berlusconi si è scatenata la polemica (ennesima, ma non ci spingeremmo a definirla “ultima”). Formalmente l’oggetto del contendere è il lutto nazionale, il livello degli omaggi di Stato e così via, sostanzialmente ancora e sempre la sua figura. La dimensione di politico troppo amato e troppo odiato per poter essere salutato senza scossoni che riportino esattamente alle mille battaglie su di lui in vita. Quello che colpisce, fra i tanti aspetti, la ripetitività e prevedibilità delle rispettive posizioni. Ancora una volta, tanto gli adulatori quanto gli implacabili censori hanno detto e scritto tutto quello che era assolutamente scontato aspettarsi da ciascuno. Nessuna sorpresa, nessun guizzo. Se non di originalità, almeno di commento che non fosse stanca riproposizione di oltre vent’anni di sfibranti battaglie sulla sua figura. Si obietterà che sarebbe apparso insopportabilmente ipocrita qualsiasi posizione diversa da chi lo ha fieramente combattuto (costruendosi, non di rado, una carriera). Restiamo dell’idea che ci siano almeno due fattori a consigliare un atteggiamento diverso: la pietas umana, che non andrebbe negata a nessuno nell’evitare offese e battutacce a caldo, e soprattutto una capacità di analisi un filo più approfondita dei giudizi facili e superficiali – in definitiva sul Paese e su di noi – che si sono letti su gran parte dei mezzi d’informazione stranieri. Prima di essere sbranato (appunto), chiariamo: nessuno nega l’inconcepibile voragine del bunga-bunga e il disastro di immagine e sostanziale connesso alle varie Ruby o Noemi, anzi. Il nocciolo della questione è non fermarsi lì e provare a capire perché milioni di persone di uno dei Paesi economicamente più avanzati al mondo siano rimasti sempre e comunque con lui, anche senza più riconoscergli il voto nelle urne. Un fenomeno del genere può essere solo da baraccone? Crediamo in tutta onestà di no, come stiamo provando a illustrare, fra luci e ombre. Perché è di noi che stiamo parlando. Uno spettacolo del quale gli stessi irriducibili nemici sono stati attori protagonisti, felicemente caduti nel trappolone del consenso da lui costruito. di Fulvio Giuliani

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