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Brunetta e il pasticciaccio brutto

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Il presidente del Cnel Renato Brunetta si alza lo stipendio di 60.000 € annui, da 250.000 a 310.000 €, e fa infuriare tutti. Poi fa marcia indietro. La domanda è: perché?

Brunetta

Brunetta e il pasticciaccio brutto

Il presidente del Cnel Renato Brunetta si alza lo stipendio di 60.000 € annui, da 250.000 a 310.000 €, e fa infuriare tutti. Poi fa marcia indietro. La domanda è: perché?

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Brunetta e il pasticciaccio brutto

Il presidente del Cnel Renato Brunetta si alza lo stipendio di 60.000 € annui, da 250.000 a 310.000 €, e fa infuriare tutti. Poi fa marcia indietro. La domanda è: perché?

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Non c’è molto da commentare: è tutto in una giornata o poco più che surreale, vagamente ridicola. Amara.

Il presidente del Cnel Renato Brunetta che – usciamo dal burocratese, per carità del cielo! – si alza lo stipendio di 60.000 € annui, da 250.000 a 310.000 €, e fa infuriare tutti, ma proprio tutti. Rilascia un comunicato verboso, inconcludente e burocratese (quello sì, fino all’angoscia), sin quando anche il presidente del Consiglio Giorgia Meloni fa sapere di non poter proprio accettare una mossa del genere. A quel punto, con eroico tempismo, innesta una catastrofica retromarcia e rinuncia all’aumento.

La domanda è: perché? Perché una mossa del genere, escludendo potesse passare sotto silenzio o essere accettata come ineluttabile da tutti, dal capo del governo all’ultimo dei cittadini.
Quanta sottovalutazione, superficialità, supponenza, indifferenza sono necessarie per tutto questo?

L’amarezza più grande è per quelli che come noi, secondo cui fu assolutamente giusto cancellare il tetto agli stipendi dei manager pubblici, in modo da consentire allo Stato di entrare in concorrenza aperta e leale con il settore privato, ne tentativo di accaparrarsi migliori fra i professionisti.
Lo pensavamo e lo pensiamo tuttora, ma vedere questa norma usata per aumentare gli aumenti riservati ai vertici di un organismo come il Cnel lascia sbigottiti.

La retromarcia è solo un’ammissione vagamente spudorata, non certo un’azione riparatrice.

di Fulvio Giuliani

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