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C’erano una volta Genny e la bionda

Cosa resta di questi 10 giorni surreali e sconfortanti? Le macerie di una credibilità personale azzerata, il fuoco fatuo di una popolarità destinata a sparire presto

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C’erano una volta Genny e la bionda

Cosa resta di questi 10 giorni surreali e sconfortanti? Le macerie di una credibilità personale azzerata, il fuoco fatuo di una popolarità destinata a sparire presto

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C’erano una volta Genny e la bionda

Cosa resta di questi 10 giorni surreali e sconfortanti? Le macerie di una credibilità personale azzerata, il fuoco fatuo di una popolarità destinata a sparire presto

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Cosa resta di questi 10 giorni surreali e sconfortanti? Le macerie di una credibilità personale azzerata, il fuoco fatuo di una popolarità destinata a sparire presto

Cosa resta di questi 10 giorni surreali e sconfortanti? Le macerie di una credibilità personale azzerata, il fuoco fatuo di una popolarità destinata a sparire presto e riciclarsi in ospitate sempre più ripetitive, fino a qualche prevedibile “Isola dei famosi” o più coerentemente una “Temptation Island”.

Un tentativo disperato di difesa dell’indifendibile, per non darla vinta ai giornali (però non definite Dagospia o altri “di sinistra”, francamente ci sembra eccessivo…), alle opposizioni e a chi viene percepito a Palazzo Chigi come un sistema irrimediabilmente “nemico“.

Una sceneggiata di quart’ordine messa in piedi da un uomo non sappiamo se più mostruosamente incauto o più obnubilato dal potere e da una donna che sembra uscita da un romanzo d’appendice.

Un’operetta molto più triste che buffa, in cui i protagonisti hanno provato a buttar dentro di tutto per provare a salvarsi, offendere, cercare un posto al sole, una traccia di quel potere accarezzato per qualche mese.

Resta lo sconcerto – quello sì tanto, diffuso, maleodorante. L’ennesima carica di tritolo fatta detonare alle fondamenta della credibilità di chi fa politica e di chi si avvicina alla cosa pubblica, che dovrebbe essere il Nirvana di quelli che gli anglosassoni chiamano i ‘Civil servant’.

Una tonnellata di carburante infilata nel motore del qualunquismo, del “sono tutti uguali“, del populismo più becero e oscurantista.

Perdono tutti, uscendone alcuni in condizioni tali da non sapere che futuro potranno avere, perché ci vorrà del coraggio a riproporre in qualsiasi ruolo chi è sembrato pronto a ogni umiliazione pur di restare agganciato alla poltrona. Dell’altra grande protagonista abbiamo già accennato, tanto è vero che già ieri pomeriggio – alla notizia delle dimissioni dell’ormai ex ministro – la parossistica attesa della sua intervista televisiva è istantaneamente scemata.

Perché nel mondo della comunicazione di oggi funziona così e c’è chi balla veramente per una sola notte, anche se i danni possono restare lì a lungo. A fare pessima mostra di sé.

di Fulvio Giuliani

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