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Che soddisfazione ripassare davanti al Ministero da uomo libero

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4 mesi al carcere di Regina Coeli con l’accusa di Corruzione. Nove anni e due processi per dimostrare l’innocenza e per riprendere, faticosamente, una vita normale da uomo libero.

Che soddisfazione ripassare davanti al Ministero da uomo libero

4 mesi al carcere di Regina Coeli con l’accusa di Corruzione. Nove anni e due processi per dimostrare l’innocenza e per riprendere, faticosamente, una vita normale da uomo libero.
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Che soddisfazione ripassare davanti al Ministero da uomo libero

4 mesi al carcere di Regina Coeli con l’accusa di Corruzione. Nove anni e due processi per dimostrare l’innocenza e per riprendere, faticosamente, una vita normale da uomo libero.
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Da quasi nove anni evito quel tratto di via XX Settembre, a Roma, davanti al Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali. Non ci sono voluto più passare, al solo pensiero ho una fitta allo stomaco. Lì dentro sono cresciuto professionalmente, sono diventato un dirigente, ero apprezzato da tutti i colleghi. E invece, un bel giorno, il terreno mi è franato sotto i piedi. Il 12 dicembre 2012, alle cinque, sono venuti ad arrestarmi a casa. Mi hanno ammanettato proprio davanti all’albero di Natale che quella sera, con mia moglie e i miei due figli di 14 e 6 anni, avevamo finito di addobbare. I finanzieri, pistole in mano, mi hanno sbattuto sotto al naso un’ordinanza di custodia cautelare. Corruzione, c’era scritto. Assieme ad altri dieci indagati avrei distratto oltre 30 milioni di euro del Ministero per scopi personali. Così sono finito a Regina Coeli per 120 giorni. In carcere i detenuti mi hanno subito promosso, sono diventato il ‘ministro’ per via del mio lavoro al Mipaaf. Tutti mi trattavano bene, ma non sono mancate le occasioni in cui ho temuto il peggio, come quella volta in cui ho assistito, inebetito, a un pestaggio nella mia cella. Dopo 4 mesi sono uscito dal carcere e non vi dico quanto è stato difficile riabituarmi alla vita normale. Quasi impossibile, senza un lavoro e soprattutto con i giornali e le tv che avevano già emesso una sentenza di condanna. Pur sapendo di essere innocente, per strada non avevo il coraggio di incrociare lo sguardo delle persone. Ci sono voluti nove anni e due processi per far prevalere le mie ragioni. Nel frattempo il mio matrimonio si è sfasciato, ho perso il lavoro e ho faticato tantissimo a ritrovarne un altro. Ma l’altro giorno, dopo aver ascoltato il giudice della Corte d’Appello che confermava la mia assoluzione, sono salito in sella allo scooter e sono ripassato davanti al Ministero.    (Ludovico Gay, 55 anni. Conosciuta l’accusa al padre, il figlio 14enne gli disse: «Ma se davvero abbiamo 30 milioni, perché non viviamo nel lusso?») a cura di Benedetto Lattanzi e Valentino Maimone 

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