Nulla di vero nella propaganda Cinque Stelle di allora
Con quella sforbiciata di parlamentari, gli ignavi pentastellati sbandieravano una riduzione significativa dei costi di Camera e Senato. E invece no
Nulla di vero nella propaganda Cinque Stelle di allora
Con quella sforbiciata di parlamentari, gli ignavi pentastellati sbandieravano una riduzione significativa dei costi di Camera e Senato. E invece no
Nulla di vero nella propaganda Cinque Stelle di allora
Con quella sforbiciata di parlamentari, gli ignavi pentastellati sbandieravano una riduzione significativa dei costi di Camera e Senato. E invece no
Con quella sforbiciata di parlamentari, gli ignavi pentastellati sbandieravano una riduzione significativa dei costi di Camera e Senato. E invece no
L’8 ottobre 2019 la Camera approvava in via definitiva il testo di legge costituzionale che prevedeva il taglio del 36,5% dei componenti di entrambi i rami del Parlamento. La Camera passava così da 630 a 400 seggi, il Senato da 315 a 200. Il conseguente referendum costituzionale indetto per approvare o respingere quella legge registrava una vittoria di quasi il 70% di Sì da parte del 51% degli aventi diritto al voto. Un bel risparmio, no? No. Perché a livello di costi nulla è cambiato, anzi. Giusto una chicca per entrare in argomento: poche settimane dopo le elezioni del 25 settembre 2022, il bonus smartphone e tablet riconosciuto a ciascun parlamentare passava da 2.500 a 5.500 euro.
Addentriamoci nella contabilità di questa nuova democrazia parlamentare fortemente voluta dai Cinque Stelle (che per l’assai noto contrappasso dantesco sarebbero risultati i più penalizzati dalla sforbiciata). Il bonifico mensile del presidente del Senato è per esempio di 19mila euro netti, mentre la terza carica dello Stato deve ‘accontentarsi’ di 18mila euro. Un qualsiasi deputato incassa una indennità mensile decisamente inferiore, come ha piagnucolato Piero Fassino sventolando alla Camera la sua busta paga da 4.718 euro al mese. Il deputato Pd ha tralasciato di citare la diaria di 3.503 euro mensili (con decurtazione di 206 euro per ogni giorno di assenza), i 3.690 euro del rimborso spese per l’esercizio del mandato, oltre alla tessera per la libera circolazione autostradale, ferroviaria, marittima e aerea per i trasferimenti sul territorio nazionale. Le spese telefoniche sono riconosciute nella misura di 1.200 euro annui. Poi capisci perché uno deve arrangiarsi nei duty free.
Con quella sforbiciata di parlamentari, gli ignavi pentastellati sbandieravano una riduzione significativa dei costi di Camera e Senato. E invece no. Le spese di Montecitorio sono rimaste praticamente identiche. Il Tesoro sborsa infatti gli stessi soldi di prima. Complessivamente, poco meno di un miliardo e mezzo: 943.960.000 euro per la Camera, 505.360.500 euro per il Senato. Com’è possibile? La spiegazione sta nei fondi assegnati ai gruppi parlamentari, oltre al fatto che le ‘spese vive’ sono rimaste le stesse. Ve lo ricordate quello striscione dei Cinque Stelle davanti a Montecitorio? Prima riga: “Meno 345 parlamentari”. Seconda riga: “1 miliardo per i cittadini”. Una pantomima che faceva il paio con quell’annuncio da balcone: «Abbiamo abolito la povertà».
La populistica campagna per la riduzione dei parlamentari ha insomma ottenuto il solo risultato di sforbiciare la democrazia. Per dolo o per ignoranza (oppure per entrambi) non si sono fatti i conti che avrebbe fatto qualsiasi ragioniere di provincia, sommando cioè tutte le spese del Parlamento: le sopracitate ‘spese vive’. Spese di una macchina che ogni mese deve staccare stipendi per 595 dipendenti, con una media pro capite di oltre 200mila euro lordi l’anno: il doppio di un primario, oltre che due volte il costo medio del personale del Parlamento europeo. E non si può obiettare. Perché vige l’autodichia: ogni decisione presa da Camera e Senato è autonoma e insindacabile. Una zona franca, insomma. Neppure la Corte dei Conti può aprire bocca. Per quanto riguarda i vitalizi, i tagli sono confermati, con il ricalcolo sulla base del metodo contributivo per chi è stato eletto prima del 2012. Una misura che riguarda circa 800 ex parlamentari, con un risparmio attorno ai 15 milioni di euro riferito all’anno 2024. Questo è quanto. E dai costi della democrazia parlamentare, è tutto.
di Pino Casamassima
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