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Come Zaia è diventato un “problema” in queste elezioni anche grazie all’IA – IL VIDEO

Zaia, che ha raccolto oltre 200mila preferenze, ha giocato la sua campagna elettorale in maniera innovativa sui propri social, sulla scia di quanto già accade da tempo negli Usa, un nuovo modello che i futuri candidati non potranno più ignorare

 

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Ora che i seggi sono chiusi e i numeri sono nero su bianco, possiamo guardare alla campagna elettorale veneta del 2025 con la giusta distanza analitica. Una campagna che verrà ricordata non tanto per i comizi nelle piazze, quanto per un esperimento comunicativo senza precedenti in Italia: la scelta di Luca Zaia di affidare la narrazione (e il supporto al candidato Stefani) all’Intelligenza Artificiale Generativa.

Zaia e il cucciolo di leone alato in stile Pixar nei video

Quei video, con il cucciolo di leone alato in stile Pixar che passeggiava in un Veneto iper-saturo e sintetico, non erano un vezzo estetico. Erano una diagnosi politica precisa: il vecchio modo di cercare voti è morto.

L’IA e la recente vittoria di Mamdani a New York

Il confronto più interessante, a livello globale, è stato quello con la recente vittoria di Zohran Mamdani a New York. Entrambe le campagne partivano dallo stesso presupposto: l’elettore medio, quello che decide le elezioni, non guarda i telegiornali locali e non va ad ascoltare i sindaci sotto il gazebo. L’elettore è “scroll-dipendente”.

Ma se Mamdani ha scelto la strada della “realtà aumentata dalla qualità” – portando sui social una narrazione cinematografica, scritta e girata come una serie Netflix d’autore – Zaia ha scelto la strada della “realtà sintetica”. Ha usato l’IA non per nascondersi, ma per sbandierare innovazione. Ha trasformato il Leone di San Marco in una mascotte virale, un “avatar” capace di entrare nei feed di Instagram e TikTok con la leggerezza di un meme.

La scommessa era chiara: al giorno d’oggi, vince chi buca lo schermo. Mamdani lo ha fatto con lo storytelling, Zaia con l’effetto wow della tecnologia.

I risultati elettorali ci dicono che l’intuizione era corretta, trasformando un rischio calcolato in un plebiscito. Il dato della Lega al 64,39% è la validazione numerica della strategia: la campagna digitale ha funzionato da moltiplicatore, portando il messaggio di continuità amministrativa (“Dopo Zaia scrivi Zaia”) anche a quelle fasce di elettorato solitamente impermeabili alla politica tradizionale. Il motore di questa tenuta è stato proprio l’ex Governatore: le sue oltre 200.000 preferenze personali dimostrano che la “gamification” del simbolo non ha banalizzato l’istituzione, ma l’ha resa accessibile.

La differenza è nello sforzo richiesto all’elettore: per FdI bastava tracciare una X sul simbolo; per Zaia bisognava impugnare la matita e scrivere il cognome

Il confronto con gli alleati rende il quadro ancora più nitido, ma va letto in filigrana. Fratelli d’Italia si conferma secondo partito con 312.000 voti totali: un risultato solido. Il vero dato politico, però, emerge sovrapponendo questo numero alle oltre 200.000 preferenze personali di Zaia. La differenza è nello sforzo richiesto all’elettore: per FdI bastava tracciare una X sul simbolo; per Zaia bisognava impugnare la matita e scrivere il cognome. 

Che le preferenze per un singolo uomo tallonino i voti complessivi della prima forza politica nazionale è un’anomalia statistica che dice tutto: in Veneto, la fedeltà al “Doge” pesa quasi quanto l’intero brand della Premier.

L’estetica volutamente artificiale non ha spaventato i veneti; al contrario, ha comunicato un messaggio subliminale di modernità ed efficienza. Se Mamdani ha vinto a New York con il cinema, il Veneto ha risposto positivamente all’algoritmo. Questa elezione segna uno spartiacque: da oggi, nessun candidato potrà più ignorare che la battaglia per il consenso si gioca (e si vince) trasformando la politica in un contenuto nativo per lo smartphone. L’IA è ufficialmente entrata nella cabina elettorale, e ci è entrata ruggendo.

di Luca Cavallini

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