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La farsa che deve preoccupare

Il ricorso ai referendum farsa è un vecchio vizio del Cremlino e di Vladimir Putin. Un classico più in generale delle dittature con sogni espansionistici: mascherare maldestramente con qualche consultazione farlocca la realtà
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La farsa che deve preoccupare

Il ricorso ai referendum farsa è un vecchio vizio del Cremlino e di Vladimir Putin. Un classico più in generale delle dittature con sogni espansionistici: mascherare maldestramente con qualche consultazione farlocca la realtà
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La farsa che deve preoccupare

Il ricorso ai referendum farsa è un vecchio vizio del Cremlino e di Vladimir Putin. Un classico più in generale delle dittature con sogni espansionistici: mascherare maldestramente con qualche consultazione farlocca la realtà
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Il ricorso ai referendum farsa è un vecchio vizio del Cremlino e di Vladimir Putin. Un classico più in generale delle dittature con sogni espansionistici: mascherare maldestramente con qualche consultazione farlocca la realtà
I referendum annunciati ieri, accompagnati dal discorso fantasma dello zar rinviato forse a oggi, non sfuggono a questa regola e non possono sorprendere più di tanto. Denunciano l’estrema debolezza politica e sul terreno dell’uomo del Cremlino, costretto a giocarsi il tutto per tutto anche in territori che neppure controlla militarmente. Un azzardo molto diverso dai tempi della Crimea, quando il mondo non era certo compatto come oggi contro Mosca. Ai tempi l’Ucraina era debolissima ed era stata completamente spiazzata da un’operazione veloce e “pulita“, rispetto al disastro in cui si sono andate a ficcare la Russia dello zar e la sua sgangherata armata in questi allucinanti sei mesi. Le mosse degli uomini ossessionati, però, vanno sempre osservate con estrema cura, ancor più quando finiscono nell’angolo. Perché nascondono disperazione e la pericolosissima attitudine a giocarsi in un colpo solo tutte le carte rimaste. Putin sa perfettamente che nessun Paese e organismo internazionale – tranne il solito club dei paria – riconoscerà mai questa cialtronata, ma ne ha un disperato bisogno sul piano interno, per spingere un’opinione pubblica che comincia a mostrare le prime crepe a pensare in termini di “patria“. Trasformare su carta quei territori ucraini, vasti come il Portogallo, in “Russia“ giustificherebbe una propaganda e una politica sempre più dure e improntate alla mobilitazione. E aprirebbe opzioni militari da incubo. Il classico puntello dei dittatori in crisi. Una pessima notizia quella di ieri, insomma, che rischia di allungare ulteriormente l’orizzonte della guerra. Una realtà con cui dovrà fare i conti il futuro governo italiano e nessuno potrà nascondere sotto il tappeto, come sognerebbe chi non sa vedere alternative alla politica dell’ombelico e degli orizzonti ristretti. Di Fulvio Giuliani

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